giovedì 13 luglio 2017
Una rivoluzione spirituale e non solo culturale quella che dalla metà del '400, all'inizio della Guerra dei Trent'anni, avrebbe sconvolto l'ordine ideale dell'Europa. Parliamo del Rinascimento, una stagione preceduta dagli slanci dell'Umanesimo e sulla quale gli storici sono ancora divisi: fu un momento di rottura rispetto al Medioevo cristiano in nome del recupero della tradizione classica greca e latina in funzione antidogmatica o piuttosto un punto di continuità, anzi l'espressione culturale più alta del cristianesimo? A quest'epoca d'oro è dedicato lo studio dello storico inglese Hugh Trevor-Roper pubblicato nel 1985 e tradotto in italiano da Laterza due anni dopo col titolo Il Rinascimento. Trevor-Roper è stato uno dei più brillanti studiosi del periodo rinascimentale e pure del nazismo (unica macchia nella sua carriera è appunto l'aver autenticato nel 1983, peraltro in buona compagnia, i Diari segreti di Hitler, rivelatisi poi un falso).
L'interesse di Trevor-Roper si concentra sulle figure di Tommaso Moro ed Erasmo, che vollero individuare nuove soluzioni alla crisi del modello di societas christiana senza per questo pervenire a radicali rotture tra la fede e la vita culturale e politica. Il loro tentativo, secondo lo storico inglese, fallì sia perché il processo di secolarizzazione, che sarebbe esploso nei secoli a venire, stava già mettendo radici, sia perché la Chiesa preferì per un periodo troppo lungo arroccarsi in se stessa, spinta anche dallo choc dello scisma luterano.
È nel giugno del 1499 che nasce l'amicizia tra i due. Desiderio Erasmo, viaggiatore instancabile, si ferma alcuni mesi in Inghilterra, fra Oxford e Londra. Dieci anni dopo, Erasmo tornerà a soggiornare presso il caro amico e, grazie alla sua ospitalità, comporrà l'Elogio della follia, l'opera sua più famosa dedicata proprio al futuro cancelliere del regno d'Inghilterra. «L'amicizia tra Moro ed Erasmo – scrive Trevor-Roper – non sgorgava solo da un sentimento personale: era l'espressione di un ideale comune. E mai come in quegli anni, in cui entrambi avevano ottenuto rinomanza europea, quell'ideale parve vicino a realizzarsi». Grandi figure di intellettuali, seguaci del platonismo cristiano formulato da Pico della Mirandola e Marsilio Ficino, sognavano un forte rinnovamento della religione e della politica in Europa.
Nel 1511 esce l'Elogio della Follia, nel 1516 Moro pubblica l'Utopia, nel 1517 Martin Lutero affigge le sue 95 tesi sulla porta della chiesa di Wittenberg: per Trevor-Roper quegli anni segnano il punto critico del Rinascimento cristiano. Sempre nel 1517, Erasmo scrive a Leone X, il papa umanista da cui si aspettava grandi cose: «Io prevedo la restituzione alla razza umana delle sue tre grazie maggiori: quell'autentica pietà cristiana che ora è degenerata in tanti modi; lo studio dei classici, finora in parte negletto e in parte corrotto; e quella pubblica e perpetua armonia del mondo cristiano che è sorgente e genitrice della religione e del sapere». Ma il progetto non si realizzò. Erasmo si rifiutò di gettarsi nella mischia assieme a Lutero, cui pur riconosceva, almeno nei primi tempi, la bontà delle intenzioni e un sincero desiderio di rinnovamento, e non volle nemmeno seguire l'amico «nei mari agitati della politica». Moro più tardi avrebbe infatti accettato la carica di cancelliere, che l'avrebbe condotto al patibolo da parte del re per la sua rinuncia alle logiche di potere pur di restare fedele a ciò che gli dettava la coscienza.
Erasmo da parte sua venne a poco a poco isolato sia dai cattolici sia dai protestanti, accusato dai primi di aver acceso la miccia della Riforma con le idee di rinnovamento della Chiesa che da tempo propugnava, dai secondi di aver tradito ciò in cui
credeva per viltà. I campioni del Rinascimento cristiano uscirono sconfitti. Ma i loro ideali di difesa della libertà di pensiero e di ripudio della guerra sarebbero nei secoli penetrati nella coscienza del cristianesimo europeo.
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