Dalle eleganti e preziose edizioni La Vita Felice ho ricevuto un opuscolo che ripropone, con testo francese a fronte, il saggio Sulla crudeltà di Michel de Montaigne. Perché, mi sono chiesto, fra i tanti saggi di Montaigne proprio questo e proprio ora? Ma purtroppo trovo subito una risposta in quello che la cronaca politica e criminale, o politico-criminale, ci mette quotidianamente sotto gli occhi. La storia umana è stata sempre devastata e deturpata dalla violenza superflua, dall'omicidio, dalle stragi e da ogni forma di crudeltà folle, ottusa e perfino senza un reale scopo, che non sia dimostrativo e fine a sé stesso. Si tende sempre a pensare che il presente in cui viviamo occupi un posto privilegiato a volte nel bene e a volte nel male. Eppure non si può negare che questi anni venti del Duemila siano iniziati con orrori e irrazionalità che non ci si aspettava, sia dove la guerra è tornata in Europa e nel Mediterraneo, sia dove la pace si rivela tutt'altro che pacifica. Basta pensare alle continue stragi di migranti dall'Africa che disperatamente cercano di raggiungere le nostre società europee sognate come approdi salvifici e sicuri; o constatare che omicidi efferati vengono compiuti, per esempio in Italia, perfino in famiglia, fra vicini di casa, fra conoscenti e presunti amici o nelle coppie per malintese ragioni di amore che non è amore ma odio e istinto di crudeltà. Scritto più di cinque secoli fa, il saggio di Montaigne arriva a riflettere su comportamenti crudeli partendo da lontano, cioè dalla virtù dell'autocontrollo e della compassione. I due terzi del discorso di Montaigne, che è stato l'ultimo degli scrittori antichi e il primo di quelli moderni, sono dedicati alla differenza fra bontà o delicatezza di carattere e virtù morale consapevole volontaria. Dopo aver riesaminato la pratica sistematica della virtù esercitata da Socrate, Montaigne parla della propria ripugnanza per la crudeltà in tutte le sue manifestazioni, concentrandosi infine su quella che gli esseri umani esercitano sugli animali. Ci crediamo superiori agli animali, eppure questa superiorità non ci impedisce di trattarli nel modo più oscenamente crudele. Nel mondo di oggi la crudeltà è addirittura anonima e commerciale, e dimostra l'indifferenza con cui guardiamo all'allevamento industriale degli animali allo scopo di trasformarli in cibo, in merce di quotidiano consumo. L'intuizione di Montaigne ci riguarda da vicino. Nel nostro fare strage di animali c'è qualcosa che non dovrebbe più sfuggire alla nostra consapevolezza. Credo che dovremmo essere tentati di arrivare a questa conclusione: finché non smetteremo di trattare gli animali come cose, continueremo a trattare come cose anche gli altri esseri umani. La crudeltà è lo stadio peggiore, più diabolico della violenza: è restare indifferenti e compiacersi nell’infliggere sofferenze a qualunque essere vivente, animale o umano.
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