Modello Olanda nello sport Una profonda etica del lavoro
mercoledì 27 novembre 2024
Per una volta, parliamo dei secondi. Il pretesto lo offre, ancora una volta, il tennis. L’Italia è in uno stato di grazia, più volte abbiamo qui usato il tennis (e il suo attuale eroe omerico Jannik Sinner) come punto di innesco per ragionare di tanto altro. In questo caso partiamo dalla Coppa Davis: oltre alle sue implicazioni geopolitiche (l’unica vinta dal nostro Paese prima del ciclone Sinner, Berrettini, Musetti, Sonego e compagnia, fu quella disputata dopo grandi discussioni anche parlamentari, nel Cile di Pinochet nel 1976), la Coppa Davis restituisce uno sguardo interessante sullo sport individuale più diffuso e seguito al mondo. Se calcio, basket, pallavolo, cricket, baseball interessano miliardi di persone, il tennis che fra gli sport individuali, per quanto contano questo tipo di classifiche, viene indicato come il terzo sport più praticato sul pianeta, è un buon indicatore di politiche sportive, in virtù della sua necessità di “arrivare” singolarmente, sia allo spettatore che fruisce dello spettacolo che come proposta sportiva da praticare. Domenica i nostri azzurri hanno battuto, in finale, l’Olanda che dunque si è classificata al secondo posto, completando così un anno magico. Una nazione che non arriva a 18 milioni di persone è arrivata al sesto posto assoluto del medagliere olimpico a Parigi, dietro solo a nazioni imparagonabili per numero di praticanti e, di poco, dietro alla Francia padrona di casa. Il ciclismo arancione, oltre alla consolidata tradizione su strada, ha vinto tre medaglie d’oro con il solo Harrie Lavreysen sulla pista; poi tanta atletica leggera (sentito mai parlare di Femke Bol, la regina dei 400 metri piani, a ostacoli o in staffetta?), basket 3x3, canottaggio (otto medaglie!), nuoto, equitazione, vela. Insomma, 34 medaglie olimpiche in 13 discipline diverse a cui va aggiunto il ritorno in semifinale all’Europeo di calcio, il secondo posto nella Coppa Davis come detto, e perfino Max Verstappen al quarto titolo mondiale consecutivo nella Formula 1. Nulla succede per caso e il “modello Olanda” andrebbe studiato nel dettaglio, in particolare per la sua capacità di tenere insieme investimenti sulla diffusione della pratica sportiva e i successi dello sport di alto livello. Ai rispettivi estremi di questa interessante scala ci sono l’Italia (grandi successi con lo sport di vertice, ma numeri da vergogna nello sport di base, nelle percentuali di sedentarietà, nelle infrastrutture sportive, in particolare quelle scolastiche) e la Finlandia (simmetricamente l’esatto contrario rispetto all’Italia). Il “modello Olanda” è certamente frutto di anni di ricerca, di investimenti, di politiche pubbliche e di modelli culturali, a partire dalla scuola. Tuttavia, se qualcuno volesse approfondire, si appunti questo nome: centro sportivo di Papendal, nei dintorni di Arnhem. Una vera città dello sport, dove regna l’eccellenza assoluta e la capacità di curare qualsiasi dettaglio in modo da diventare, anche ma non solo, una fabbrica di medaglie. In sostanza, potremmo dire, che alle spalle del “modello Olanda” senza banalizzare, non ci sono segreti, ma solo la sapiente mescolanza di tre elementi: una visione politica nel senso più alto, una bellissima casa (Papendal e tante altre infrastrutture) e, o forse soprattutto, una profonda etica del lavoro. © riproduzione riservata
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