Con il punto esclamativo. Perché era una conquista, da piccoli, quando per vederlo per primo ti alzavi dal sedile posteriore dell’auto per arrivare ad altezza finestrino. Mare! L’annuncio era la fine del viaggio, e l’inizio di sabbia, vacanza, amici. C’era, e ancora c’è, la Liguria come traguardo di noi del Nord padano, in fondo alle gallerie che contavi per accorciare l’agonia, passando per quel paese che si chiama Masone. Una salita leggera tra Piemonte e Liguria, autostrada di nessuno, dove finisce la campagna ma ancora non è iniziata la costa. Ricordo che ero sicuro che tutte le nuvole grigie del mondo si fermassero lì: eppure bastava uno sforzo piccolo, tre chilometri e una galleria più in là, e tornava sempre il sole. Ma loro no: le nuvole fisse a Masone dovevano stare. Un posto dove magari poi si vive felici, ma sembrava più triste di un piatto di verdure bollite.
Mare! Lo dicevi forte perché ti sentissero tutti. Ti portava via l’attesa e la noia. E non capivo perché gli adulti per ispirarsi il pianto spesso guardassero il mare. Il mio orizzonte bambino invece era azzurro, l’onda dipinta. Almeno mi sembra, perché la vita non è come è stata, ma come la ricordiamo. E a me quel viaggio ricorda ancora gelati, biglie su piste di sabbia, la crema per non scottarsi, il bagno non prima di tre ore dopo aver mangiato. Verdure bollite lì, mai. Grazie. Mare!
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