«Di romanzo in romanzo Michel Houellebecq non fa che insistere, scava nella materia arrivando nella sua intima profondità, esplora l’enigma dei fallimenti amorosi, l’impossibile ricerca della felicità in questo mondo». È quanto scrive Jean de Saint-Cheron nel suo Chi crede non è un borghese (Lev), nel quale approfondisce le “spie narrative” in senso spirituale dell’autore francese. Di cui dà questa definizione: egli «dipinge il nostro mondo con realismo (un’arte che già lo avvicina al cristianesimo)». Prendiamo la questione della rivoluzione sessuale: Houellebecq ne dà un’interpretazione che lo avvicina, ad esempio, ad un Pier Paolo Pasolini, con una visione che non si discosta da quanto il pensiero cattolico ha argomentato: «Fa un certo effetto – scrive in Le particelle elementari (Bompiani) – come spesso tale liberazione sessuale venisse presentata sotto forma di ideale collettivo mentre in realtà si trattava di un nuovo stadio nell’ascesa storica dell’individualismo. Coppia e famiglia rappresentavano l’ultima isola di comunismo primitivo in seno alla società liberale. La liberazione sessuale ebbe come effetto la distruzione di queste comunità intermedie, le ultime a separare l’individuo dal mercato. Un processo di distruzione che continua oggigiorno».
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