«Aborto, il buio oltre la legge». Con questo titolo l'Unità (venerdì 27) commemora i trent'anni della 194, che ha legalizzato l'aborto. In realtà si tratta di una maxi-recensione di un libro del noto Carlo Flamigni che ieri era in vendita insieme con il giornale, in cui si definisce il volume «prezioso» e «un'alta lezione di etica laica». A giudicare da quanto ne scrive il recensore, il libro non dice nulla di nuovo e soprattutto nulla che Flamigni non abbia già detto, ma se l'etica laica consiste nell'esaltare una legge che finora ha consentito quasi cinque milioni di aborti rovesciando il ruolo materno (e della società) dall'accoglienza al rifiuto e all'uccisione (qualunque ne sia la motivazione) di un numero orribile di bambini ancora in grembo, il livello di questa etica non appare certamente «alto». Ho scritto "orribile": dirlo dell'aborto pare non si possa, si potrà dirlo almeno del numero? In tutta la recensione non ho trovato una sola parola di pietà per queste creature dall'etica laica condannate a non venire mai alla luce. Il «buio» non è «oltre la legge», ma dentro la legge, dentro l'etica laica, dentro -
con tutta la compassione possibile - la coscienza di quelle madri. Anche se non è uno psichiatra, il prof. Flamigni conosce la sindrome post-aborto. Così pure non vedo la relazione con l'etica, sia pure laica, dell'affermazione della «diminuzione del numero assoluto di aborti», quando le pillole del "giorno dopo" (effetti abortivi dichiarati nel "bugiardino"), quelle contraccettive di più recente generazione (che amara ironia in questa parola) come del resto gli anticoncezionali meccanici hanno provocato il fenomeno di una nuova clandestinità propugnata - contra legem - proprio dal Ministero della salute. Difficile quantificare questa clandestinità legale, che però, unita agli aborti ufficiali, produce un totale oggi certamente superiore ai «350 mila degli anni 70» (uno dei numeri fasulli adoperati dalla propaganda abortista prima del 1978: significherebbe che tutte, dico tutte, le donne compivano almeno un aborto nella loro vita).
SCIMMIOTTATURE
Qualche giornale ha dato asetticamente, la notizia che la Camera bassa del Parlamento spagnolo ha approvato la proposta del governo Zapatero di riconoscere alle gran simias, vale a dire alle grandi scimmie, alcuni "diritti umani". Promotore della decisione il famoso "bioeticista" australiano Peter Singer, che da tempo si batte per - dice - «estendere la comunità umana anche ai grandi primati». E perché non estendere a Singer, ai membri del governo e del Parlamento spagnoli i diritti delle scimmie? Quelli, ovviamente, che rendono i loro titolari non responsabili dei propri atti.
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