Migliaia di eventi in tutto il mondo celebreranno, nel corso di quest’anno, il cinquecentenario dalla scomparsa di Leonardo da Vinci (che avvenne il 2 maggio 1519). Ma andando oltre la consueta narrazione storica e il legittimo orgoglio italico, l’anniversario dovrebbe diventare un’occasione per comprendere se e quale eredità dello spirito leonardesco possa rivivere oggi ed essere realmente "trasmessa" ai nostri giovani, in un Paese caratterizzato dalla scarsa capacità – per usare un eufemismo – di valorizzare i loro talenti. In un bel libro di qualche anno fa ("L’eredità di Leonardo. Il genio che reinventò il mondo", Bollati Boringhieri editore, Torino, 2014) Stefan Klein si chiedeva quali «probabilità ci sono che oggi un giovane possa imparare ad usare i suoi doni naturali come seppe fare un tempo il maestro di Vinci?». E inoltre «che cosa ne sarebbe stato di Leonardo se avesse avuto un percorso formativo in linea, per esempio, con le direttive dell’attuale scenario della scuola standard, vincolato da un repertorio dogmatico di protocolli educativi omologanti?». Naturalmente è impossibile confrontare la straordinaria varietà di stimoli e di competenze della bottega rinascimentale del Verrocchio, in cui Leonardo si formò, con i "codici" tipici dell’insegnamento contemporaneo. Leonardo fu (in un elenco che è sempre, per definizione, incompleto) pittore, scultore e architetto, ingegnere, botanico e geologo, astronomo e anatomista: nulla di simile all’eclettismo del suo genio sarebbe immaginabile oggi, poiché contrasterebbe palesemente con la "specializzazione del lavoro" tipica del mondo contemporaneo, che si riflette inevitabilmente anche sull’impostazione del nostro ordinamento scolastico e universitario. Ma a ben guardare ci sono tre caratteristiche della sua incredibile esperienza che meritano di essere trasmesse, replicate, "insegnate" ai nostri ragazzi, per esaltare i loro talenti e per costruire le basi di una crescita economica potenziale ben superiore agli zero virgola attuali: la sua insaziabile curiosità, la sua capacità di osservazione, la sua voglia di rischiare (accettando la possibilità dell’errore e della sconfitta). In sintesi, ciò che ha reso unico e immortale Leonardo da Vinci è la capacità di studiare ogni fenomeno senza conoscenze di base, affidandosi all’osservazione. Niente nozionismo, solo creatività intellettuale e sperimentazione scientifica. È una forma di libertà dell’apprendere e dello sperimentare che – almeno in Italia – si è completamente perduta nel corso dei secoli. Se fossimo capaci di recuperarla (nel nostro sistema formativo, negli incubatori d’impresa, nelle nostre aziende), rappresenterebbe la "scossa" di energia e innovazione più preziosa che oggi si possa immaginare nel nostro Paese.
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