
La popolarità del post si colloca nella fascia alta di quelli regolarmente pubblicati dall'atleta: 85.200 cuoricini, mentre scrivo; ne aveva ottenuti altrettanti anche il 10 agosto, con un più discreto tocco di sacro (la didascalia citava una frase ovvia ma attribuita unanimemente, dal web, a padre Pio) e uno, più deciso, di profano (per quanto di profano possa avere l'immagine in costume da bagno di una donna che per mestiere nuota). Ciò detto, non ci si riesce a districare. Le ragioni a favore, ripartite tra il partito dei fan, che approverebbero ogni suo gesto; quello dei sedotti, più interessati al "dove" del tatuaggio, e quello dei non molti devoti, più interessati al "cosa", rincorrono le ragioni contro: c'è il partito di chi non ama tout-court la Pellegrini, quello di chi non ama i tatuaggi (con la corrente che, su basi anticotestamentarie, li considera peccaminosi), e il partito di chi non ama i rosari o mal sopporta la loro esibizione pubblica (su quest'ultimo aspetto, non mi pare che quella della Pellegrini consenta di aggiungere qualcosa al tanto che si è scritto e letto negli ultimi tempi). Il senso di vanità che tutto ciò mi suscita è accresciuto dalla circostanza per cui il nome dell'atleta, abbreviato, corrisponde a quello della prima virtù teologale. Così leggi tra i 955 commenti su Instagram l'esplicito "Cara Fede… La Fede è per sempre… perché scelti e predestinati a testimoniare la grandezza di Amore", ma anche l'ambivalente "Grande fede".