L’iPhone compie 18 anni. Il primo modello fu presentato il 9 gennaio 2007 dall’allora amministratore delegato di Apple, Steve Jobs. Eppure l’idea di creare un apparecchio che unisse telefonia e computer risaliva al 1973, ben 34 anni prima. Ciò che erano mancate fin lì non erano tanto le idee, ma reti telefoniche performanti. Il primo smartphone in assoluto, si chiamava Simon, e fu progettato nel 1992 dalla IBM. Ovviamente non aveva lo schermo touch né le fotocamere. Ci vollero ancora quattro anni perché, nel 1997, la società svedese Ericsson lanciasse un modello (GS88 “Penelope”), definendolo uno «Smart Phone» (con le parole staccate). Anche questo però non era minimamente paragonabile a un iPhone. Tanto più che - come accennato - a tutti i cellulari mancava ancora una rete telefonica all’altezza, capace cioè di veicolare una buona quantità di dati, facendo diventare i telefoni cellulari dei veri smartphone. Così passò ancora un decennio prima che, il 29 giugno 2007, arrivasse nei negozi americani il primo iPhone. Rispetto ai telefonini che usiamo adesso era niente. Aveva uno schermo con una qualità che oggi ci farebbe inorridire e velocità di elaborazione e capacità di archiviazione minime. Eppure fu una rivoluzione. Perché, col lancio subito dopo dell’App Store con app di ogni tipo, ci aprì un mondo. Anzi, ci mise letteralmente il mondo nelle mani.
Chi c’era allora ricorda sicuramente l’emozione che provò scaricando per la prima volta un messaggio di posta sul proprio cellulare o facendo la prima navigazione web, nonostante la velocità allora fosse bassissima. Rispetto alla rete di oggi, parliamo dell’equivalente medio di 0,32 megabit contro gli attuali 150, senza contare le velocità che si ottengono con il 5G. Era una tartaruga elettronica ma a noi sembrava un bolide da Formula 1. Da quel momento in poi Samsung e Apple iniziarono una vera battaglia per accaparrarsi il mercato degli smartphone. Ogni nuovo modello aveva una funzione in più. Ogni novità ci apriva un nuovo pezzo del mondo. A colpi di sms prima e di WhatsApp poi, di incursioni sui social e di videoclip scoprimmo la comodità (e la responsabilità) di avere (potenzialmente) ogni parola, ogni immagine, ogni suono e ogni voce del mondo sempre con noi. Non esisteva più il mondo reale e quello digitale, entrambi si fondevano ogni secondo di più. E scoprimmo quanto era comodo ma anche fastidioso essere sempre connessi. Quanto fosse facile entrare nelle vite degli altri e quanto fosse facile che gli altri invadessero le nostre. Perché anche adesso che l’iPhone sta per diventare «maggiorenne» (cioè, «adulto» almeno per la legge italiana e in buona parte del mondo) quello di cui ci accorgiamo ogni giorno è che noi - noi utenti, noi utilizzatori di smartphone - non siamo ancora diventati maggiorenni come lui. Per carità, gli anni passano per tutti e molti di noi hanno compiuto i 18 anni da un bel po’, ma per certi versi siamo ancora dei ragazzini. Come eterni adolescenti ci entusiasmiamo per le novità tecnologiche e spesso le usiamo con troppa leggerezza. Basta anche solo pensare a una cosa minima come chi ci invia messaggi nel cuore della notte o senza tenere conto del fuso orario che ci separa, finendo così per svegliarci. Per non parlare dei tanti che sembrano non avere ancora capito quanto la superficialità, la violenza o l’odio che mettiamo nel digitale non resta solo lì, ma diventa (anzi, sia) reale. Ecco, se c’è un augurio che possiamo farci è di diventare utenti davvero maggiorenni del digitale.
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