sabato 10 aprile 2021
«Il miglior sostegno all'economia sono le riaperture» ripete in ogni occasione il premier Draghi. Dietro questo concetto si nasconde un cambio d'approccio culturale rispetto al governo Conte, che dichiarava e praticava una visione dei rapporti tra Stato e mercato, tra pubblico e privato nella quale il pendolo oscillava sistematicamente verso i primi, a discapito dei secondi. Se il presente è necessariamente caratterizzato da ristori e sostegni, il futuro post-pandemia nella visione dell'attuale governo corre sui binari paralleli della libertà di intraprendere e della necessità di costruire valore sociale da parte di imprenditori, manager e professionisti. Che sia questa la bussola (prevalente) del governo lo dimostra il "programma" presentato due giorni fa alle Camere dal ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti. «Il nostro Paese ha bisogno di un cambiamento di approccio – ha detto Giorgetti – che collochi la figura dell'imprenditore, come figura fisica, e dell'impresa al centro dell'attenzione per il ruolo imprescindibile che possono svolgere. A differenza di quanto accaduto negli ultimi anni» ha voluto rimarcare Giorgetti «in cui rispetto alle imprese è prevalso un approccio denigratorio». Dopo anni in cui l'agenda e il dibattito politico sono stati dominati dall'idea degli imprenditori "prenditori", restituire all'impresa privata il ruolo di protagonista dello sviluppo è un segnale potente di fiducia, soprattutto nei confronti del vero motore del Paese – l'impresa manifatturiera – che insieme all'indotto rappresenta più del 50% del Pil. Dopo aver mostrato una buona resilienza alla crisi generata dalla pandemia, la manifattura italiana sta dando oggi segnali di forza: l'indice PMI manifatturiero nel mese di marzo ha segnato il miglioramento più forte da vent'anni. D'altra parte, nella manifattura come nei servizi è in atto una selezione durissima: secondo l'ISTAT, a fine 2020 un terzo delle imprese considerava a rischio la propria sopravvivenza e addirittura il 45% delle imprese italiane sarebbe "strutturalmente" a rischio. Aiutare le imprese a riaprire significa, dunque, anche aiutare le piccole e medie aziende a cambiare rapidamente pelle per connettersi ai macro-trend globali della rivoluzione digitale e della transizione verso la sostenibilità. Perché se rispetto alla sostenibilità le imprese italiane dimostrano una vocazione naturale, sulla rivoluzione digitale invece il sistema-Paese è in grave ritardo, come certifica l'indice DESI della Commissione Europea che ci posiziona al quartultimo posto nell'Unione. Nel sistema imprenditoriale, in particolare, una pericolosa frattura divide le eccellenze produttive del Made in Italy dalle piccole e medie imprese. Ricucire il più possibile questa frattura è una sfida complessa, che può essere vinta soltanto rimettendo le imprese al centro dell'attenzione.
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