L’Autonomia e il nodo dei ricorsi alla Consulta
domenica 3 novembre 2024
Il destino della legge Calderoli sull’autonomia differenziata non è legato soltanto alla vicenda dei referendum abrogativi, sulla cui ammissibilità la Corte costituzionale si esprimerà a gennaio, con eventuale voto popolare tra aprile e giugno. Sulla sua sorte incombe un giudizio molto più ravvicinato. La Consulta, infatti, ha fissato per il prossimo 12 novembre l’udienza relativa ai ricorsi presentati da quattro Regioni: Campania, Toscana, Puglia e Sardegna, e la relativa decisione non dovrebbe andare oltre la fine di questo mese, tenuto conto che all’inizio del nuovo anno arriverà la valutazione dei quesiti referendari. Ma di che tipo di ricorsi stiamo parlando? Bisogna fare un po’ di chiarezza tanto più che le stesse quattro Regioni, con l’aggiunta dell’Emilia-Romagna, hanno presentato anche due quesiti abrogativi avvalendosi della facoltà che la Costituzione attribuisce a cinque di esse oltre che a 500 mila elettori. Su tali quesiti e su quelli sostenuti dalle sottoscrizioni dei cittadini la Corte si pronuncerà a gennaio, come detto poc’anzi. Ma la Costituzione prevede un’ulteriore possibilità, meno nota di quella referendaria regolata dall’art.75. All’art.127, infatti, si legge che “la Regione, quando ritenga che una legge o un atto avente valore di legge dello Stato o di un’altra Regione leda la sua sfera di competenza, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale”. Ed è quello che le quattro Regioni hanno fatto deliberando con i loro organi tra luglio e agosto scorsi. È l’unico caso in cui si contempla un ricorso diretto alla Consulta per legittimità costituzionale. Contro i ricorsi hanno deciso di costituirsi in giudizio sia il Governo che alcune Regioni favorevoli all’autonomia differenziata come Veneto, Lombardia e Piemonte. In base a quanto deciderà la Corte nelle prossime settimane le possibilità che si prospettano sono sostanzialmente tre: 1) i ricorsi vengono valutati non ammissibili o respinti e in questo caso il percorso della legge e quello dei referendum abrogativi proseguono normalmente; 2) i ricorsi sono accolti in toto e
i referendum vengono meno perché non hanno più la materia da abrogare; 3) i ricorsi vengono accolti in parte e i quesiti referendari vengono tecnicamente trasferiti dalla Corte di cassazione su quanto residua. Oltre che per le conseguenze dirette, ai ricorsi delle Regioni bisogna guardare con grande interesse perché la Consulta, argomentando la propria decisione, potrebbe offrire un’interpretazione delle norme costituzionali introdotte nel 2001 su cui si basa tutta la costruzione dell’autonomia differenziata. La legge Calderoli – vale la pena ricordarlo ancora una volta – non è affatto necessaria per attuare quelle norme che di per sé non richiedono alcuna disposizione attuativa, tant’è vero che già nel febbraio 2018 il governo Gentiloni era arrivato a siglare le intese preliminari con Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna. Certo, se la legge Calderoli fosse abrogata per via referendaria si tratterebbe di un fatto politico di straordinaria rilevanza. Ma resterebbe da chiarire se quelle “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” di cui parla l’art.116 descrivono un’eccezione circoscritta e motivata – come il tenore letterale delle parole lascerebbe intendere – oppure consentono la dismissione generalizzata di materie e funzioni. © riproduzione riservata
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