Come si legge volentieri l'Achille di Giovanni Nucci (Salani, pagine 160, euro 12,90). È un racconto destinato ai ragazzi, e fortunato chi vi si immerge anche se ragazzo non è più. Non è una parafrasi dell'Iliade e, ancor meno, non ne è un sunto. È un'esplorazione del poema omerico attraverso i personaggi, grandi e piccoli, che gli danno vita e ricevono vita gli uni dagli altri. Meravigliosa è Teti, creatura acquorea, nereide divina, che Zeus ha dato in sposa a Peleo. Teti ama talmente il figlioletto Achille da non sopportare che un giorno sarebbe morto: meglio rituffarsi nell'oceano per riaffiorarne nei momenti decisivi. Così Achille viene allevato dal centauro Chirone al quale Peleo l'aveva affidato. Chirone nutre il bambino col midollo del leone, e Achille cresce forte e bellissimo, leggendariamente addestrato nella corsa. Ma il centauro gli insegna anche l'importanza della legge di Zeus, e soprattutto lo educa al silenzio: «La cosa più importante è non avere paura del silenzio». Di pagina in pagina sfilano, in coloratissima galleria, eroi e comprimari, indagati ciascuno nella propria psicologia: Patroclo, per Achille più che un amico, propriamente un alter ego; Ulisse, che con astuzia convince Achille a entrare in guerra perché anche Teti sapeva che senza Achille i greci avrebbero perso, ma lei, che aveva cerato di distoglierlo, sapeva anche che in quella guerra suo figlio sarebbe morto. L'arroganza di Agamennone, la forza di Diomede, l'assoluta bellezza di Elena, la superficialità di Paride, la saggezza di Nestore, la dolente gravità di Priamo, il valore e la tenerezza di Ettore che guida i troiani fino alle navi degli achei e, per congedarsi dal figlioletto, si toglie l'elmo minaccioso che spaventava il bambino: il carattere di ciascuno è analizzato in emblematica profondità. Protagonista assoluto, comunque, è Achille, veloce «non solo per come correva o per quanto era rapido a colpire, era veloce anche nei pensieri, nel modo in cui ragionava o reagiva, era veloce quando giocava a dadi e quando suonava il flauto, era veloce persino quando si guardava intorno». Tutti i personaggi, tuttavia, sono iscritti in una storia che sanno più grande di loro e che possono solamente accettare: perché nella guerra tra greci e troiani entrano direttamente anche gli dèi, Ares e Atena, Afrodite, Era e, su tutti, lo stesso Zeus. E il tallone di Achille? Nucci non ne parla, e fa bene, perché nell'Iliade il tallone non c'è. Secondo la leggenda di Publio Papinio Stazio (45–96 d. C.), Teti, per rendere invulnerabile il figlio, lo avrebbe immerso nello Stige sorreggendolo per un calcagno, unico punto che rimarrà mortale. Per questo, a scuola, io parteggiavo per Ettore: troppo facile per Achille fare il coraggioso: era praticamente inattaccabile. Ancora una volta si rimane colpiti dall'immortalità dei classici: giovani e meno giovani, tutti si sommergano nell'Iliade. Lì dentro ci sono i miti fondativi dell'Occidente, c'è il karma culturale di ciascuno di noi.
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