Vi sono spazi nel profondo dell'animo umano che si impongono come territorio esclusivo dell'introspezione; sfere inviolabili della nostra coscienza, consacrate a un cammino di intima meditazione. è proprio a queste inaccessibili dimensioni dello spirito che si rivolge il disco intitolato Death & Devotion (pubblicato da Channel e distribuito da Jupiter), dedicato alle riflessioni penitenziali e confessionali che hanno stimolato l'attività creativa di alcuni tra i più importanti compositori tedeschi attivi nella seconda metà del XVII secolo. Con un approccio lento ed estatico, di forte concentrazione interpretativa, il gruppo strumentale della Netherlands Bach Society e il direttore Jos van Veldhoven, affiancati da due eccellenti cantanti solisti (il basso inglese Peter Harvey e il soprano olandese Johannette Zomer), si sono impegnati a seguire le orme di un itinerario musicale ricostruito appunto all'insegna di «morte e devozione».
Un percorso inaugurato da Matthias Weckmann, già allievo di Heinrich Schütz, con una monumentale e meravigliosa cantata che, rievocando lo straziante dolore provato dal profeta Geremia davanti alla distruzione di Gerusalemme, porta in scena la sofferenza dello stesso compositore di fronte alla tremenda epidemia di peste che decimò la popolazione di Amburgo; passando per la ricchezza armonica e la maestria contrappuntistica dei lavori di Franz Tunder, la cifra raffinata e innovativa delle composizioni di Christian Ritter, per approdare infine alle opere del sommo Dietrich Buxtehude, geniale autore del drammatico Dialogo tra Cristo e l'anima fedele, su un testo liberamente adattato dal «Cantico dei Cantici».
Pagine cariche di fascino e di mistero, che riflettono la temperie spirituale di un'epoca e di un popolo, e che oggi ci vengono restituite attraverso una lettura nel complesso più che convincente, a tratti però imbrigliata in logiche esecutive troppo «estetizzanti». Perché queste sono musiche a cui consegnarsi totalmente: abbandonandosi alla loro intima intensità, al fascino di melodie costruite su poche note, che richiedono abbellimenti minimi e un virtuosismo più espressivo che tecnico. Per addentrarsi tra le pieghe di un'arte sacra che punta diritta al cuore di chi le sta di fronte.
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