Tra la conquista e la liberazione dei Paesi precolombiani del Sudamerica, nel sud della Colombia è successo un episodio tragico che è passato alla memoria come il “Natale nero”. Questo evento, paragonabile al massacro degli innocenti al tempo di Gesù, segnò un capitolo buio della storia.
Simón Bolívar, riconosciuto come il liberatore della Gran Colombia, intraprese una campagna militare che lo portò dal Venezuela, attraverso la Colombia e l’Ecuador, fino al Perù. Sulla sua strada, il suo esercito raggiunse Pasto, nel Nariño, una città caratterizzata da uno spirito indomito e di autonomia. Questo territorio, dotato di una situazione geografica favorevole e lontano dai principali centri di potere, era riuscito a rimanere neutrale alle lotte dell’epoca e a seguire i propri leader.
Quando l’esercito del Liberatore attraversò il Nariño in direzione di Quito, reclutando uomini per la causa della liberazione, gli abitanti di Pasto si rifiutarono di partecipare. Di fronte a questo rifiuto, Bolívar ordinò un attacco a sorpresa nella notte del 24 dicembre 1822. Senza pietà, le sue truppe uccisero la popolazione civile, compresi i bambini, lasciando la città devastata.
Una delle strade dove avvenne il massacro era macchiata di sangue e, sotto la luce della luna piena di quel giorno, il colore rosso del massacro
divenne ancora più evidente. Da allora, questo luogo è stato chiamato “la strada rossa”, in ricordo delle vite stroncate. Questo episodio di violenza, noto appunto come “Natale nero”, mirava a reprimere la resistenza del popolo Pastos. Tuttavia, la tenacia della sua gente, così come la posizione strategica, continuano a resistere ancora oggi.
I sopravvissuti di quella tremenda notte trovarono nella loro unità la forza per rialzarsi e andare avanti. Da quella volta si è creata una profonda solidarietà tra gli abitanti che è ancora viva. Soprattutto in questo periodo dell’anno, famiglie e vicini di casa si riuniscono e condividono cibo locale e feste in uno spirito di servizio e di collaborazione.
Nel tempo, queste tradizioni si sono fuse con le celebrazioni cristiane del Natale. Le famiglie oggi si riuniscono per pregare la novena a Gesù Bambino intorno ai presepi nelle chiese, nei quartieri e nelle case. I bambini sono al centro dei festeggiamenti e partecipand a presepi viventi con canti tradizionali che riflettono la vita quotidiana e le radici culturali della regione. Ogni sera, nei panni dei magi o dei pastori, adorano il bambino di Betlemme, suonando strumenti musicali artigianali e commemorando l’essenziale, cioè, il Dio con noi che dà significato alle terre dei Pastos.
La celebrazione del Natale ha ridefinito la storia di questo popolo, rinvigorendo una cultura fortemente sentita dalla sua gente e sviluppando sentimenti di speranza e di tutela della vita.
Il “Natale nero” ricorda la brutalità del passato, ma anche lo spirito resiliente e solidale di un popolo che ha rifiutato di essere sottomesso. Oggi, le festività natalizie dei Pastos commemorano la nascita di Gesù e la capacità della sua gente di trasformare il dolore in unità, gioia e memoria collettiva di speranza. Da un lato, questa eredità ci invita a valorizzare la vita, il territorio e la forza di chi lotta per preservare la propria identità di fronte alla fragile memoria dei momenti bui della storia. D’altra parte, la luce dell’Emmanuele continua a risplendere per tutte le Galilee e a dirigere i passi dell’umanità sulla via della pace.
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