domenica 2 gennaio 2011
Più che la fine, il principio di un anno sollecita le solite profezie astrologiche, di cui abbondano i media laicisti. La Repubblica, che giovedì 30 aveva impegnato il suo paginone centrale per soddisfare gli appetiti astrologici dei propri lettori, prendendone però qualche distanza, ha largheggiato il giorno successivo sul suo Venerdì, con una lunga intervista a Rob Breszny, in arte Horus, che " dice costui " «racconto il futuro e vi consolo». Si tratta del «più celebre oroscopista del mondo», un signore pieno di soldi, il cui studio, poco distante da San Francisco, è «un bric à brac di croci, simboli sacri e pagani, un poster di Kandinsky e due enormi monitor di computer». Breszny scrive anche libri (l'ultimo è Roboscopo) e pubblica le sue astrologie, che «ricava anche dai sogni», su oltre 130 settimanali, fornendo a milioni di lettori «self-fulfilling prophecies, profezie che si autoavverano». Insomma, è lui che determina gli avvenimenti, «anche se quel che ci succede è ciò che crediamo che ci succederà». E per il 2011? Lui «considera gli oroscopi dei giornali un abominio», il suo, invece...: «C'è una configurazione molto interessante, verso aprile-maggio, con Giove in congiunzione con Urano in Ariete... Un'attenzione particolare andrà dedicata alla salute...».

DISTRAZIONI BIBLICHE
Secondo (don) Enzo Mazzi «i racconti evangelici dell'infanzia di Gesù sono mitici, non storici. Non narrano fatti realmente accaduti. Gesù, ad esempio, quasi certamente non è nato a Betlemme, non in una stalla e via di questo passo. I racconti evangelici dell'infanzia offrono simboli...» e così via (il Manifesto, 24 dicembre). Il giorno seguente, nel suo Messaggio Urbi et Orbi, il Papa ha ricordato che «l'incarnazione del Figlio di Dio è un avvenimento che è accaduto nella storia, ma nello stesso tempo la oltrepassa» e la liturgia della Parola di oggi s'inizia con un brano del Siracide che esalta «la Sapienza [...] in mezzo al suo popolo» (Sir 24,1), ma (don) Enzo Mazzi sembra non apprezzarla. Sospetto: distratto da Babbo Natale, invece della Bibbia avrà letto l'"Inchiesta su Gesù" di Augias e Pesce.

I "LUMI" SENZA LUCE
C'è un giornalista, che il mensile Confronti (numero di dicembre) presenta come cristiano esemplare, il quale, «convinto da una parte della preziosità di credere nel Dio di Gesù Cristo e, dall'altra, deciso a nulla imporre ai figli in materia di coscienza», spiega in un libro perché non li ha fatti battezzare»: non vuole obbedire a un «malinteso obbligo d'amore [...] Il Vangelo è una parola che si può accogliere o rifiutare da adulti, in libera, consapevole e autonoma coscienza». Supponiamo che sia così, cioè che il peccato non sia trasmesso addirittura per nascita e che «non trasmettere agli altri ciò che costituisce il senso profondo della propria esistenza» (vedi Orientamenti Pastorali 2010, n. 10) sia giusto: perché, allora, lo sarebbe insegnare ai figli la buona educazione, mandarli a scuola e le altre cose cui persino la Costituzione obbliga i genitori? Non sarebbe "giusto", invece, lasciarli crescere nella condizione del "buon selvaggio" di Jean-Jacques Rousseau (1762), in piena stagione dei Lumi? Come diceva un libro dello scrittore napoletano Domenico Rea, "Gesù, fate luce".
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