IGiochi paralimpici, fino a qualche anno fa chiamati Paralimpiadi, non tutti sanno che si devono al medico italiano Antonio Maglio (1912-1988), che si ispirò agli studi e alle metodologie del professor Ludwig Guttmann, neurologo tedesco naturalizzato britannico, celebre per aver promosso l'attività fisica delle persone con disabilità e di averle avviate alla pratica sportiva vera e propria a partire dall'organizzazione di gare per i militari rimasti invalidi in guerra. Nella certezza che lo sport sia un potente ed essenziale strumento riabilitativo, Maglio nel 1960 riuscì a far disputare a Roma la prima Paralimpiade del mondo, sfruttando gli impianti sportivi costruiti per le Olimpiadi appena concluse. Vi parteciparono 400 atleti disabili provenienti da 23 nazioni impegnati di fronte a cinquemila persone in gare di tiro con l'arco, giavellotto, pallacanestro, nuoto e scherma. Da lunedì sera, grazie al film tv di Marco Pontecorvo, A muso duro - Campioni di vita, sono aumentate e non di poco (almeno di oltre 4 milioni in base agli ascolti registrati) le persone che ora sanno che Maglio, tra la fine degli Anni Cinquanta e i primi Anni Sessanta, ha cambiato il concetto di disabilità, dando speranza e dignità a persone che fino a quel momento giacevano nei cronicari, nascoste alla società esterna. Questo è sicuramente il principale merito di un film didascalico, che racconta in modo lineare una storia edificante di riscatto e di rinascita con gli elementi tradizionali di questo genere di fiction: la datazione affidata a cose, oggetti, musiche e immagini di repertorio; una vicenda amorosa un po'tormentata; lo scontro tra buoni e cattivi con l'inevitabile trionfo dei primi. In linea con la tradizione anche la scelta del protagonista: Flavio Insinna, volto più che simbolo di Rai 1.
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