Caro Tarquinio,
mai mi era venuto in mente che un parlamentare, deputato o senatore della Repubblica, potesse avere il porto d’armi e che questo gli permettesse non solo di andare al poligono, ma di avere l’arma con sé. Mai mi ha sfiorato l’idea che Aldo Moro o Sandro Pertini o Enrico Berlinguer potessero viaggiare armati. Ora, invece, mi ritrovo a domandarmi perché un politico eletto ad alte responsabilità nel mio Paese possa armarsi, portare con sé la pistola e divertirsi a sparare per festeggiare l’arrivo dell’anno nuovo...
Personalmente non mi fido di chi fa queste scelte, anche perché sono fatte da chi crede sia giusto organizzare una libera commercializzazione ai privati cittadini delle armi e sostiene il diritto all’autodifesa armata. Constato, purtroppo, anche la poca educazione umanistica e cristiana di costoro. Confesso anche che sarei curioso di conoscere i nomi di tutti i senatori e parlamentari che hanno il porto d’armi. Lei che cosa ne pensa?
Gentile Tarquinio,
Queste tre parole possono avere anche un significato politico per la ricerca di soluzioni creative di pace. Ma ho la sensazione che per gli spacconi non valgano. Che per loro le tre parole siano: armi, armi, armi. Considero le elezioni europee una bella occasione e spero che servano per cambiare e andare verso parole, atti e politiche di pace.
Spero, come annota sarcasticamente Nello Scavo alla fine del suo articolo, che tali elezioni - al pari di quelle americane - non si riducano a una sorta di referendum con protagonista Putin, ma sinceramente spero che non lo sia neanche Zelensky. Spero cioè che non "partecipi" nessuno degli spacconi che vedono nelle armi il mezzo per risolvere le controversie tra i popoli.
Zeno ha una coscienza tormentata, ma acuta e sensibile ai segni della storia. L’uomo del nostro tempo ha una coscienza indifferente e insensibile alle ferite dell’umanità. Eppure, ammonisce papa Francesco, "chi ha interessi nei conflitti, ascolti la voce della coscienza". Non è forse vero che anche ora "gli ordigni si comperano, si vendono" finanziando "fabbriche di armi" e foraggiando le "fabbriche di morte": le 184 guerre in corso che sfigurano e avvelenano la casa comune? Se i primi ordigni dell’uomo erano prolungamenti del suo braccio, cinico esecutore della loro forza devastante, oggi con l’IA "l’ordigno non ha più alcuna relazione con l’arto"; perché si compiono operazioni militari vieppiù eterodirette e teleguidate (robot, droni) senza l’intervento fisico dell’uomo.
Non è vero che "sotto la legge del possessore del maggior numero di ordigni prospereranno malattie e ammalati", malvagità e atrocità? Davvero l’uomo sarà artefice dell’estinzione della vita e del Creato "con un’esplosione enorme che nessuno udrà e la terra ritornata alla forma di nebulosa errerà nei cieli priva di parassiti e di malattie"? In un tempo insanguinato da "una guerra mondiale a pezzi", e da vite fatte a pezzi, dovremmo rileggere le icastiche riflessioni di Svevo - scritte all’indomani della Grande Guerra che lacerò l’Europa - perché l’imperante "paradigma tecnocratico" e bellico non ci consegni il pianeta arido, livido, muto, senza vita - cifra dell’apocalisse nucleare profetizzata da Zeno - già raccontato da Cormac McCarthy ne La strada. Che il 2024 appena iniziato - anno olimpico - sia un tempo animato da tenaci "atleti" di speranza e abitato da coraggiosi "campioni" di Pace.
Proprio per questo da parecchio tempo, pur avversando i monopoli o anche solo gli oligopoli, mi spendo nel dibattito pubblico perché il possesso delle armi sia regolato molto strettamente e il loro uso sia tendenzialmente esclusivo delle forze che la nostra Repubblica democratica pone al servizio della sicurezza pubblica.
Per questo, sul piano globale, e sapendo che l’impresa non è breve né facile né scontata nei suoi esiti, unisco anche la mia povera voce a quella di chi lavora e progetta con l’obiettivo di disarmare gli Stati e costruire un sistema internazionale di sicurezza che finalmente consenta a tutti di "ripudiare la guerra" (la bellissima espressione usata dall’art. 11 della nostra Costituzione) come strumento di offesa alla libertà altrui e di risoluzione delle controversie tra gruppi, popoli e nazioni.
Le tre belle lettere con cui dialogo oggi affrontano con decisione altrettanti aspetti differenti della questione armi: l’uso sbadato, irresponsabilmente "festoso" e gravemente lesivo di armi private, la rivendicazione delle armi di Stati e di alleanze di Stati come mezzi "giusti" per la riparazione di torti veri o presunti (e, comunque, mai di una parte sola anche se i più colpevoli di altri ci sono sempre), il rischio del radicamento della storia umana in uno schema bellico che, a causa di armi sempre più micidiali e usate in modo sempre più folle, non solo evoca ma impone l’apocalisse.
Penso che queste argomentazioni, che io stesso, in diverse occasioni ho sviluppato, siano tre salutari scossoni. E penso che sarebbe bene che ci svegliassimo un po’ tutti, soprattutto quelli e quelle che hanno il potere di arginare la diffusione delle armi, di frenare il loro mercato in lucrosa e spaventosa crescita e la loro "santificazione", di smascherare definitivamente la falsa idea che la massiccia disponibilità di arnesi di distruzione e di morte sempre efficaci e più sofisticati nelle nostre vite e negli arsenali degli Stati allontani la violenza e la guerra (la cosiddetta dottrina della deterrenza).
È vero il contrario: più armi significa inesorabilmente più violenza e più guerra. Lo vediamo in ognuno dei tanti scenari bellici insanguinati sulla faccia della Terra, e oggi con speciale e inevitabile evidenza a Gaza e in Ucraina. Lo scorso Natale, nel suo messaggio Urbi et Orbi, papa Francesco, è stato ancora una volta di chiarezza assoluta pure su questo punto: "La gente, che non vuole armi ma pane, che fatica ad andare avanti e chiede pace, ignora quanti soldi pubblici sono destinati agli armamenti. Eppure, dovrebbe saperlo! Se ne parli, se ne scriva, perché si sappiano gli interessi e i guadagni che muovono i fili delle guerre...".
Sì, politici e giornalisti hanno una responsabilità notevole e farebbero bene a esercitarla sino in fondo per promuovere pace, mostrare tutto l’orrore della guerra e - ripeto - fermare, ridurre e disciplinare rigidamente le armi. Un compito da assolvere con urgenza, anche perché stanno crescendo di peso e ruolo sulla scena globale altri timonieri e altri "cervelli" anche informativi, governati da poteri irresponsabili (perché non rendono conto a nessun popolo e a nessun parlamento, ma soltanto a padroni, che sono finanziatori e percettori di profitti). Anche per queste vie si continua a intaccare l’autonomia pluralista della politica, la dignità del dialogo pur tra avversari, la libertà dell’informazione.
Per cominciare, anche se magari sembra un cosuccia marginale, vorrei, come il lettore Reverberi, che fosse pubblica non solo la dichiarazione dei redditi di chi siede in Parlamento, ma anche l’eventuale predilezione e detenzione di armi di ogni eletto. Vorrei, poi, come il lettore Neri, corse elettorali nella Ue come negli Usa senza ruoli da protagonisti per lo "zar" russo Vladimir Putin (specialista, come ormai sappiamo, anche in manipolazioni delle democrazie altrui oltre che di quella del suo grande Paese) e per il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, ma con protagonisti quei due popoli che la politica e la diplomazia devono finalmente strappare alla tenaglia del massacro in corso da quasi dieci anni (e negli ultimi due di più). E vorrei, come il lettore Melia, che il 2024 fosse ricordato soprattutto per Olimpiadi capaci di accendere e far correre per il mondo il fuoco della fraternità e della competizione leale e non per i lampi cupi delle armi e delle minacce più terribili e purtroppo incombenti. Vorrei vedere una accanto all’altra le bandiere israeliana e palestinese, e gare, solo gare, non attacchi senza pietà. Abbiamo sogni da fare insieme, e insieme da realizzare.