Qualcosa è successo al Manifesto, se da una dura ostilità è passato improvvisamente al consenso. Come dire che, davanti a San Francesco, il lupo di Gubbio si è più che ammansito. Merito, con tutta evidenza, di papa Francesco e della «tenerezza», che egli c'insegna, ma anche – è giusto dargliene atto – di un ripensamento evidente, sia pure con le riserve dovute. Il giorno dopo l'elezione del Papa, il titolo a tutta prima pagina del Manifesto era categorico: «Non è Francesco», mentre una vignetta mostrava il Papa sospettoso di fronte al lupo che tentava un approccio al modo dei cagnolini. Improvvisamente, dopo una settimana di titoli pesanti («Il prezzo salato della fede», «Parole soffocate dal dogma», «La chiesa ha commesso un terribile peccato») ecco, mercoledì 20, un titolino a una colonna, ma in prima pagina, che dice: «Il pontefice del sogno conciliare». La firma è di Raniero La Valle, che il Concilio l'ha vissuto molto da vicino. Due delle cose dette dal Papa nell'omelia dell'inizio del suo ministero, probabilmente insolite per molti lettori del Manifesto, sono da lui spiegate: «La prima, che è il dovere di custodire la terra con tutte le sue creature», e «la seconda, che bisogna non aver paura dell'amore e della tenerezza». Vuol dire che «Dio ha messo l'opera delle sue mani in quelle degli uomini e delle donne, anche di quelli che non credono in lui»; e che «l'amore è un cimento che va osato». Questo e altre cose provano che «papa Francesco conosce l'animo umano». Poi La Valle aggiunge una spiegazione della «vera povertà: non nel senso pauperistico o dei rigorismi petulanti degli zelanti, ma nel senso della spoliazione dalla "mondanità spirituale"». Una bella catechesi sulla «Chiesa povera e per i poveri invocata da Giovanni XXIII e sognata da papa Francesco». LA PARTITALa Repubblica recensisce (martedì 19) un libro che contiene una «partita su Dio» tra Paolo Flores D'Arcais e Vito Mancuso. Ateo praticante il primo, credente e teologo (un po' a modo suo) il secondo. I due «somigliano a un dottor sottile» (Ockham) «e a un dottore angelico» (Tommaso). Esagerazioni a parte, «il primo sostiene le ragioni di un ateismo fondato sulla costatazione che l'esistenza di Dio non è provata né provabile». E sul fatto che «ciò che la scienza ci dice sull'uomo e sulla vita basta e avanza». Davvero? Su Dio, l'evidenza e il mistero dovrebbero bastare, almeno per la ricerca (esempio scientifico: nel bosone di Higgs, noto come "la particella di Dio", che però c'entra solo come Creatore, gli scienziati credevano anche prima di trovarne le prove). E sulla scienza, più si va in profondità e più si scopre di saperne meno. Il teologo, invece, «sostiene che la fede è una particolare declinazione della ragione. Credere in Dio significa "pensare con il cuore"», perché la fede dà il senso che la ragione non può conoscere. Uno a zero per Mancuso. PASQUA "SANTA"?Su Io Donna, il "femminile del Corriere della Sera" (del 16 marzo), ecco un bel programma per trascorre la «Pasqua in santa pace: yoga tra i boschi in Umbria o sessioni urban rock a Berlino. Country charme o altro design metropolitano. Proposte di vacanza breve per single, coppie, gruppi di amici o famiglie. Da scegliere in base allo stato d'animo». E non è tutta l'offerta. Un po' di pudore, per favore: togliete dal titolo almeno quel «santa».
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