Brutto, sporco e cattivo. San Giovanni Battista è senz’altro una delle figure di spicco nella storia della salvezza. Di più, anzi, una figura centrale. Ma, nonostante questo, non si può dire che abbia mai goduto di una buona stampa, per modo di dire. Citato in mille romanzi e in innumerevoli film, è stato sempre, o quasi sempre, ritratto come un mezzo esaltato, uno con qualche rotella fuori posto, un po’ suonato, un fondamentalista, si direbbe oggi. E, questo, lasciando perdere che il “piatto forte” della narrazione della sua vicenda, quello più gettonato, è comunque sempre lo stesso: la sua testa servita su un piatto d’argento da Erode alla capricciosa Salomè. Così alla fine, tra le figure del Vangelo, quella di Giovanni Battista forse è la più distorta. Eppure, come disse nel 2012 Benedetto XVI, «se si eccettua la Vergine Maria, il Battista è l’unico santo di cui la liturgia festeggia la nascita, e lo fa perché essa è strettamente connessa al mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio. Fin dal grembo materno, infatti, Giovanni è precursore di Gesù: il suo prodigioso concepimento è annunciato dall’Angelo a Maria come segno che nulla è impossibile a Dio». Figlio di Zaccaria e di Elisabetta, parente di Maria, i genitori non credettero subito a quella gravidanza ormai insperata. Quando nacque il bambino, gli «dettero il nome indicato da Dio, cioè Giovanni, che significa “il Signore fa grazia”... E quando un giorno, da Nazaret, venne Gesù stesso a farsi battezzare, Giovanni dapprima rifiutò, ma poi acconsentì, e vide lo Spirito Santo posarsi su Gesù e udì la voce del Padre celeste che lo proclamava suo Figlio». Ma la missione di San Giovanni Battista non era ancora compiuta: poco tempo dopo, infatti, «gli fu chiesto di precedere Gesù anche nella morte violenta: Giovanni fu decapitato nel carcere del re Erode, e così rese piena testimonianza all’Agnello di Dio, che per primo aveva riconosciuto e indicato pubblicamente».
Quando, come nel Vangelo di domenica scorsa, Giovanni Battista viene descritto come una persona che «portava un vestito di peli di cammello», che il «suo cibo erano locuste e miele selvatico» e che invitava tutti alla conversione, gli stereotipi accennati all’inizio non possono che tornare in mente. Certo il Battista, ha spiegato Papa Francesco domenica scorsa, all’Angelus, è «un uomo austero e radicale, che a prima vista può apparirci un po’ duro e incutere un certo timore. Ma allora ci chiediamo: perché la Chiesa lo propone ogni anno come principale compagno di viaggio durante questo tempo di Avvento? Cosa si nasconde dietro la sua severità, dietro la sua apparente durezza?».
In realtà il Battista, ha spiegato Francesco, «più che un uomo duro, è un uomo allergico alla doppiezza. Ad esempio, quando si avvicinano a lui farisei e sadducei, noti per la loro ipocrisia, la sua “reazione allergica” è molto forte, e ci fa riflettere. Non siamo anche noi a volte un po’ come quei farisei? Magari guardiamo gli altri dall’alto in basso, pensando di essere migliori di loro, di tenere in mano la nostra vita. Dimentichiamo che soltanto in un caso è lecito guardare un altro dall’alto in basso: quando è necessario aiutarlo a sollevarsi; l’unico caso, gli altri non sono leciti». L’Avvento, così, è «un tempo di grazia per toglierci le nostre maschere – ognuno di noi ne ha – e metterci in coda con gli umili; per liberarci dalla presunzione di crederci autosufficienti, per andare a confessare i nostri peccati, quelli nascosti, e accogliere il perdono di Dio, per chiedere scusa a chi abbiamo offeso».
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