Re-blog, la pagina online della rivista "Il Regno" che da qualche settimana affianca quelle cartacee, pubblica un post ( bit.ly/2tFllHT ) in cui presento il lungo documento che i vescovi cattolici dell'Australia hanno dedicato a «un incontro umano autentico nel mondo digitale» e che la rivista ha tradotto e pubblicato sul numero di febbraio. L'espediente di proporre, all'inizio, i famosi dialoghi evangelici che incorniciano la parabola del buon Samaritano come se avvenissero online tra due utenti, «Gesù» e «Dottore della legge ansioso», aveva attratto la mia attenzione sin dalla pubblicazione originale in inglese, ma solo la lettura integrale dà ragione della qualità dell'intervento. La Conferenza episcopale del Paese che sta (quasi) agli antipodi dell'Italia vi affronta il tema della Rete dal punto di vista della sua rilevanza sociale. Non fa sconti sull'analisi della situazione e, senza negare che «i benefici per l'umanità sono immensi», non si nasconde i nodi critici: i due brani che ho riportato su Re-blog lo mostrano bene, giacché focalizzano le situazioni in cui l'uso dei social media alimenta una «cultura dell'isolamento» e stigmatizzano i casi in cui il «divario digitale» mette a rischio «il benessere delle persone più vulnerabili». Le conseguenze che i vescovi ne traggono per l'azione della Chiesa e dei cristiani non sono tuttavia di tenersi alla larga dagli ambienti digitali. Al contrario, la proposta rivolta «a noi come Chiesa», è quella, sintetizzata nel titolo «Making it real», di rendere reale l'amore di Dio nel mondo virtuale contrastando la riduzione delle interazioni umane che la digitalizzazione induce e tendendo la mano a coloro che a motivo della digitalizzazione si ritrovano «feriti». Abituato a uno sguardo più interno al digitale stesso, quando penso e racconto i cristiani in Rete, mi rendo conto che questa australiana è un'altra strada. Ma non è agli antipodi.
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