Èdavvero dura, troppo dura, la vita dei pendolari nel nostro Paese. Bus e metro tragicamente sovraffollati, che costringono i cittadini meno abbienti ad affrontare con sprezzo del pericolo la pericolosità diffusiva del virus e delle sue varianti. Treni locali ridotti a pericolosi caravanserragli, vecchi sporchi e insicuri. Record di corse annullate e servizi ridotti, soprattutto nel Mezzogiorno, proprio nel momento in cui bisognava garantire agli italiani una mobilità più sicura. L'era Covid ha scoperchiato il vaso di Pandora delle inefficienze della mobilità locale in Italia e delle scelte di investimento pubblico sbagliate: lo certifica, con una fotografia preziosa quanto impietosa, il prezioso rapporto annuale "Pendolaria"' di Legambiente.
Dallo studio emerge un dato impressionante, che impatta direttamente sulla qualità della vita dei 10 milioni di italiani che ogni giorno si spostano per ragioni di lavoro o di studio sui mezzi pubblici nelle nostre città: negli ultimi due anni in Italia sono stati inaugurati zero chilometri di linee metropolitane e solo qualche chilometro di reti tranviarie. È la conferma statistica di un quadro desolante che abbiamo ogni giorno sotto i nostri occhi: la dotazione di metro, tram e ferrovie urbane per i pendolari è terribilmente inadeguata, facendo segnare un divario enorme (e purtroppo crescente) tra le città italiane e quelle europee. È questo il frutto sia di scelte di investimento che hanno privilegiato l'Alta Velocità (assai più redditizia) rispetto al "servizio universale" dei treni regionali, sia del pessimo stato (in media) delle municipalizzate locali che gestiscono il trasporto pubblico locale.
La grande speranza, anche in quest'ambito, si chiama Next Generation EU. Se nelle aree urbane avvengono oggi i due terzi del totale degli spostamenti degli italiani, è proprio qui che dovranno concentrarsi investimenti e innovazioni da finanziare con le risorse europee. Legambiente lancia un obiettivo sfidante: rafforzare la dotazione di treni regionali e metropolitane per consentire nel 2030 a 10 milioni di connazionali - contro gli attuali 6 milioni - di muoversi in città sul ferro, offrendo loro un'alternativa credibile all'uso dell'automobile e alle decine di minuti da trascorrere ogni giorno tra code e smog. È prevedibile che il neo-ministro Giovannini, che negli ultimi ha fatto della sostenibilità e delle sue declinazioni nel mondo dell'economia reale la sua grande battaglia, possa muoversi in questa direzione. Unendo la cura del ferro nelle grandi città allo sviluppo della mobilità verde, dalle piste ciclabili alle vetture elettriche. Per connettere finalmente l'Italia a quel Green New Deal che in Europa, dai Paesi del Nord alla Spagna, è spesso già una realtà avanzata.
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