«Non giudicare se non vorrai essere giudicato»: lo disse Gesù nel Discorso della Montagna (Mt 7.1). Eppure, imperterriti, certi "supercattolici" o "superlaicisti" insistono a "giudicare" il Papa e a insegnargli il mestiere. Trascuro i provocatori laicisti e anche i buoni cristiani che prima del viaggio ecumenico di Francesco in Svezia scrivevano sui loro giornali (Libero, Il Tempo, l'Unità, il Fatto Quotidiano) che il Papa «rischia di demolire la Chiesa», che «Bergoglio festeggerà lo scisma di Lutero» o che «si inginocchia a Lutero», che il suo «progetto è politico» e che «i cattolici imparino da Lutero». Tutti ovviamente e abbondantemente smentiti il giorno dopo. Un altro "ipercattolico" si consola su Il Giornale (29 ottobre: «Poteva andare peggio»), perché aveva temuto che, il giorno dei Defunti, Francesco andasse a visitare, fra i tanti cimiteri esistenti a Roma, il «pittoresco cimitero acattolico dove si trovano le tombe dei poeti protestanti Keats e Shelley». Invece – l'"ipercattolico" ora è tranquillo – il Papa è andato «al cimitero di Prima Porta (il più grande d'Italia, 140 ettari, tre milioni di tombe) che si trova allo sprofondo e in una landa piuttosto desolata» che persino il famoso filosofo francese Michel de Montaigne definì «nuda, ineguale, poco fertile e disabitata». Prima Porta, nota Il Giornale, ha ben «poco da vedere coi Parioli nonostante l'analoga ubicazione a nord del centro storico» (ma lontano almeno dieci km). Insomma il Papa avrebbe scelto Prima Porta come «cimitero democratico» rifiutando Campo Verano «percepito (ipotesi) come cimitero molto più monumentale e aristocratico, se non di destra vista la presenza (?) di Almirante, Claretta Petacci, Marcello Piacentini…». In questo caso persino Totò fa scuola: «A morte o ssai (lo sai) che d'è, è una livella».
UN DIRITTO "LAICO"?
«Nessuno è ens causa sui», cioè nessuno esiste per iniziativa di se stesso. Su Repubblica (domenica 30/10) lo ammette lo psicanalista Massimo Recalcati: «La vita è un dono» e darsi la morte equivale a «cancellare fatalmente ogni debito verso coloro o colui – Dio nella prospettiva religiosa – che ci ha donato la vita». Anche la psicanalisi «insegna che la vita che si ammala diventa sterile» ed «eccessivamente attaccata a se stessa». Questa precisazione professionale ribalta con sufficiente evidenza la tesi. Infatti, si chiede lo psicanalista: «L'accanimento della vita a prolungare comunque se stessa non può rivelarsi come una forma estrema di narcisismo?». Ed ecco la risposta in stile laicista: si può «donare la morte a una vita che è stata inghiottita nell'insensatezza del dolore senza speranza?» La risposta che Recalcati si dà è la chiave che apre la via al «diritto laico all'autodeterminazione» che aggiusta tutto. Senonché un "diritto laico" (laicista) aggettivato non è un diritto: quelli veri non hanno bisogno di aggettivi qualificativi.
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