mercoledì 17 febbraio 2021
Al di là delle zone gialle, rosse e arancioni, quello che oggi interessa è come uscirne nel medio periodo. I provvedimenti per scongiurare la diffusione del Covid secondo le diverse varianti sono come la coperta di Linus: scontentano. Ma resta il problema della copertura che è una questione di bene collettivo. E mentre si discute sul ritorno a un lockdown totale, c'è invece chi invoca di attuare provvedimenti provincia per provincia. In Maremma per esempio, realtà che afferisce alla provincia di Grosseto, i contagi non sono stati così rilevanti come in altre aree; ma chi assicura che la "coperta" funzioni anche nelle prossime settimane? Ora, la polemica di questi giorni riguarda la scelta di chiudere repentinamente tutto, quando magari sarebbe stato accettabile un “patto di rincorsa” ossia l'adeguamento alle norme in un tempo consono, che nel caso della ristorazione (o dello sci) significava applicare la serrata dal lunedì. In questo modo rischiano di crescere conflitti su questioni temporanee, perdendo di vista quella principale: come facciamo a sperare su dati acquisiti certi? Ossia sulla conquista concreta di un contenimento del virus che, come abbiamo appreso dall'esperienza, avviene solo con un metodo: l'isolamento, il distanziamento, chiamatelo come volete, ma ci siamo capiti. L'anno di lockdown sta creando anche un divario fra generazioni: i più anziani disillusi che cercano vie d'uscita per pensare a un futuro sereno e i giovani che invece sperano in un rilancio delle attività. E se nel primo legittimo atteggiamento è l'individualismo che prevale insieme a un senso di finitezza, nel secondo emerge invece un sentimento di comunità e di sguardo su qualcosa che va oltre il finito. L'ho pensato la scorsa settimana, dopo la visita al caseificio cooperativo San Pietro di Goito, dove ho scoperto che dietro ai progetti di rilancio (come il Grana Padano ottenuto da animali che si nutrono di fieno dei prati stabili del Mincio) c'è un gruppo di giovani che, pur non avendo cariche ufficiali, si ritrova, comunica con l'esterno e immagina un futuro. È a questi che Stefano Pezzini, il presidente della cooperativa, guarda, perché il confronto intergenerazionale è una risorsa salvifica. Che non può essere mortificata da una generale incertezza. La certezza oggi la può costruire ciascuno di noi, in realtà, senza isterismi o fughe in avanti, semplicemente considerandoci insieme. Si può fare?
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