«Non esistono atleti più grandi dello sport, ma Roger è quello che ci va più vicino»: parola di John McEnroe a proposito di Federer, uno dei più grandi tennisti di tutti i tempi, forse il più fluido ed elegante che si sia mai visto sulla terra rossa, sul tartan e sull’erba. Ben venga, pertanto, il docu-film nato quasi per caso, Federer: gli ultimi dodici giorni (in programmazione su Prime Video), che nell’idea iniziale del diretto interessato doveva riprendere gli ultimi momenti della sua attività da tennista professionista in modo da poterli mostrare poi alla famiglia e agli amici, anche perché durante la sua eccezionale carriera (24 anni, mille e 500 partite gran parte delle quali vinte) evitava volentieri le telecamere intorno a sé e ai suoi cari. In questo caso, invece, si è concesso senza problemi sapendo che quanto girato non era destinato al pubblico. Ma poi ha cambiato idea e grazie al regista premio Oscar Asif Kapadia e al co-regista Joe Sabia, che hanno integrato e montato il tutto con belle immagini di repertorio, è venuto fuori un docu-film intenso e commovente, che racconta la dozzina di giorni che vanno dalle ventiquattr’ore precedenti al 14 settembre 2022 in cui Federer da Zurigo annunciò il ritiro a quelle successive al 23 settembre in cui in coppia con Nadal giocò a Londra il suo ultimo incontro. Emerge così la storia di uno sportivo (il raccattapalle di Basilea che ha realizzato il sogno della sua vita), ma soprattutto la storia di un uomo, certamente uno dei più fortunati al mondo, come ammette lui stesso, ma pur sempre un uomo con le sue forze e le sue debolezze, un uomo che riconosce il valore della famiglia (dall’amore e dalla vicinanza della moglie Mirka all’affetto dei quattro figli) e il valore dell’amicizia, a partire da quella improbabile in un ambiente così competitivo con Rafa Nadal, l’avversario e l’amico di sempre.
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