«E il settimo giorno, Iddio compì l'opera che aveva fatta, e si riposò». Questo passaggio della Genesi ha condizionato la storia dell'umanità, anche se è un continuo leggere l'esaltazione delle eccezioni. Come il casaro dello spot del Parmigiano Reggiano, poi ritirato dallo stesso Consorzio, dove enfatizzava di riuscire a lavorare 365 giorni l'anno, Natale compreso. Ma non fanno eccezione i ristoratori, che in questo periodo cercano di monetizzare il più possibile una favorevole congiuntura, benché minacciata dalla carenza di personale. E perché manca il personale? Non era il lavoro più bello del mondo fino a ieri? Tutto deve avere una misura, sennò il bel lavoro diventa idolatria e nei racconti di certi ristoratori si legge persino dell'eroica (si fa per dire) assenza al funerale del padre. È il fattore umano il faro di ogni azione lavorativa, che significa anche volersi bene, oltreché avere rispetto per chi collabora insieme con noi. Anche perché sarebbe una contraddizione fare un lavoro dedicato al rispetto del cliente, mentre dietro il sipario non si rispetta la vita propria e quella degli altri che è fatta di relazioni, familiari in primis. Ci si nutre di relazioni, non solo di cibo e di vino, e questo Natale apre una luce proprio su questo aspetto. A Milano ha aperto i battenti "Artigiano in Fiera", che è proprio la festa delle relazioni, come quando si scendeva dalla montagna, ai primi di dicembre (mitica è la Fiera Fredda di Borgo San Dalmazzo nel Cuneese) per fissare i punti di riferimento prima del rigido inverno, spesso isolati per mesi. Gli artigiani di ogni genere hanno sofferto senza la relazioni di questi anni, ma appena è stato possibile sono giunti a Milano con le loro creazioni bellissime e ci staranno fino a domenica. Io credo che sia un atto di giustizia sociale andare a trovarli: un'alleanza in nome di una stima verso chi basa il proprio lavoro sul fare. Lo credo ancor più oggi, che il mondo produttivo si trova in balìa di tanti scossoni come l'inflazione, ma anche i rincari di materie prime e di energia. E se a Murano la crisi minaccia lo spegnimento dei forni, il problema lo hanno anche i produttori di scarpe che fanno fatica ad approvvigionarsi di scatole. Siamo in un momento storico dove la vera strategia da attuare si chiama coesione, per affrontare i rivoli di una crisi che ancora non è finita. Per questo un po' stona la decisione di scendere in piazza il 16 di dicembre, che suona più come quello slogan del sessantotto francese che diceva "Pour se poser il s'oppose" (per affermarsi si oppose).
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