martedì 15 marzo 2011
di Rino Fisichella
Siamo giunti ormai a mezzo secolo dall'apertura del concilio Vaticano II e le pubblicazioni in proposito non sono terminate. In questi giorni viene ad arricchire l'abbondante letteratura un'ulteriore pubblicazione che permette di entrare con maggior coerenza nella lettura di quei documenti. In questi decenni sono uscite numerose opere attraverso le quali è possibile una ricostruzione puntuale non solo della storia del Concilio, ma soprattutto della redazione dei suoi documenti. Impresa non facile perché il materiale ufficiale a disposizione degli studiosi non sempre consente di approdare alla verifica del «perché» e del «come» si è giunti a quel punto finale. I diari di diversi Padri conciliari così come le pubblicazioni di alcuni documenti privati di archivio sono, dunque, una miniera preziosa per storici e teologi. A questo patrimonio si aggiunge ora la pubblicazione curata dall'arcivescovo Michele Di Ruberto, per un quarto di secolo fidato segretario del cardinale Pietro Parente fin dai tempi, appunto, del Vaticano II. Il volume di Pietro Parente Proposte, interventi e osservazioni nel Concilio Vaticano II (Libreria Editrice Vaticana, pp. 156, euro...) diventa prezioso anzitutto per la pubblicazione dei "voti" sviluppati dal Parente nella fase preparatoria del Concilio, unita ai suoi interventi in aula. Come giustamente osserva nella sua introduzione Brunero Gherardini, «la sua, già nella fase preconciliare, fu una presenza di altissimo profilo ["] un teologo non distaccato dalla realtà culturale del suo tempo, ma apostolicamente consapevole dei problemi che quella realtà andava quotidianamente ponendo alla coscienza cattolica». L'apporto del cardinal Parente, in particolare sul tema della collegialità, appare ben fondato e motivato. Si conoscono le diverse sensibilità dei Padri conciliari in proposito. Il tema della collegialità vedeva, di fatto, due schieramenti pressoché opposti. Il timore, presso un numero di Padri conciliari, che lo stesso termine «collegio» fosse un attentato al primato del Papa non era affatto immaginazione. Per questo motivo, probabilmente, la preparazione teologica del Parente, la sua capacità di mediazione e il ruolo non secondario che svolgeva, in quanto assessore al Sant'Uffizio, fecero convergere su di lui la scelta di essere relatore dello schema. L'intervento in aula fu di grande aiuto. Egli fu in grado, anzitutto, di chiarificare i termini della questione superando le ambiguità formali; riuscì poi a sostenere il tema in termini dottrinali e teologici inequivocabili, così come era uscito emendato dalla commissione dottrinale. La lettura completa dei testi, in particolare quello relativo all'intervento in aula, evidenzia la lucidità teologica del Parente e, di fatto, la lungimiranza di quella prospettiva che portò a stabilire la potestas plena al collegio dei vescovi e in maniera personale al Pontefice. Un'espressione del Parente nel suo intervento in aula non è da sottovalutare: «La ragione di soggetto di suprema e piena potestà, che prima di tutto compete in modo personale al Romano Pontefice, viene qui attribuita anche al Collegio, cioè nuovamente al Romano Pontefice e ai vescovi che siedono con lui». Insomma, la collegialità non era in conflitto o a scapito del primato, ma da questo sostenuta e corroborata. Come si può osservare, l'abilità del linguaggio andava di pari passo con la lucidità del pensiero che l'allora assessore al Sant'Uffizio aveva maturato fin dai tempi del suo insegnamento al Laterano e a Propaganda Fide. Questo testo consente di ripercorrere le fasi salienti del Concilio per mano di un vescovo che aveva fatto della ricerca e dell'insegnamento teologico una ragione di vita coniugata con una particolare attenzione pastorale. Queste pagine mostrano un padre conciliare capace di riflettere sulla Chiesa nell'autocomprensione di sé alla luce di quel grande mistero che essa rappresenta e per la stessa natura di corpo mistico di Cristo che nel corso dei secoli mostra un popolo di credenti camminare nella storia verso il suo Signore guidata dallo Spirito. Una visione della Chiesa che troverà spazio anche nella sua produzione teologica successiva, ma che trova nell'insegnamento conciliare il suo fondamento e il suo apporto personale.
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