Il lavoro che diventa spettacolo e la perizia tecnica che si intreccia a un pizzico di sana follia, ma non parliamo del mestiere dell'attore, bensì di quello di uomini (in questo caso le donne sono davvero poche) che operano ai limiti dell'impossibile, come i cavatori di marmo delle Apuane, un'attività dura e pericolosa, che in pochi possono fare e che DMax (emittente del gruppo Discovery visibile sul canale 52 del digitale terrestre) ci ha raccontato con il docu-reality Uomini di pietra. Da ieri, invece, ha iniziato il mercoledì alle 21,25 a raccontarci le imprese della famiglia Curzel, costruttori e restauratori di rifugi di alta montagna, con un altro docu-reality in sei puntate, frutto di sei mesi di riprese, Falegnami ad alta quota. Ma per restaurare il rifugio Ai Brentei, cattedrale dell'alpinismo a oltre duemila metri sulle Dolomiti di Brenta, non bastano i falegnami, ci vogliono anche spericolati costruttori di gru, sospesi praticamente nel vuoto, in grado di assembleare pezzi calati dall'elicottero: operazioni millimetriche in cui il minimo errore può costare caro. Roba da adrenalina pura solo a guardarla in tv. Ma poi ci sono da ripulire i sentieri, sistemare le ferrate per permettere agli escursionisti di affrontare nella maggior sicurezza possibile la salita su quella frontiera verticale che sono le vette delle Dolomiti. Una volta in televisione c'era Il pericolo è il mio mestiere, ma in quel caso si scherzava. Qui non si scherza per niente. Le sfide sono estreme. La serie come Uomini di pietra o Falegnami ad alta quota aggiungono solo un po' di enfasi per dare a certi mestieri il senso dell'eroicità. Del resto, insieme agli scenari naturali, si tratta di una spettacolarizzazione lecita per rendere il racconto ancora più appassionante. Accattivante lo è di per sé.
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