Un pazzo grida in mezzo alla folla: può accadere in ogni città d'Europa la sera quando i pendolari tornano stanchi dal lavoro e il traffico aumenta a dismisura. La gente finge di non ascoltare le imprecazioni. Ma qualcosa filtra ugualmente. L' uomo, che indossa un cappotto logoro, protesta contro il governo, cerca un lavoro, si lamenta. Pare evidente il suo squilibrio psichico. La tentazione sarebbe quella di toglierselo di torno al più presto. Eppure anche lui ci chiama in causa. Dovremmo raccogliere le sue parole dandogli un senso. Esercitare la responsabilità dei contesti nei quali operiamo, uscendo dal semplice mansionario, è stato l'insegnamento più severo che il ventesimo secolo dovrebbe averci impartito. Se i nostri gesti sono fortuiti, non calcolati, magari frutto dell'improvvisazione e quindi potenzialmente improvvidi, dobbiamo essere pronti ad affrontare le conseguenze. Non possiamo rispondere soltanto del compito che ci è stato assegnato. Né credere di poter passare indenni nel fuoco della controversia. Soprattutto, se commettiamo un'infrazione, siamo chiamati a versare il prezzo del risarcimento, ben al di là della dimensione giuridica. L'idea di potersi tirare fuori dalla contesa è un'illusione. Persino un vagabondo può aiutarci a non dimenticare di essere sempre dentro la scena.
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