A quasi un mese di distanza dalla presentazione si può confermare la buona accoglienza che l’infosfera ha riservato a Luce, la mascotte scelta dalla Santa Sede per accompagnare l’ormai imminente Giubileo. Disegnata, insieme a tre suoi “amici”, dall’illustratore Simone Legno, è stata concepita, si legge sul sito ufficiale del Giubileo 2025 (shorturl.at/MLv4V), «con l’intento di riflettere la cultura pop, particolarmente apprezzata dai giovani». Veste un impermeabile giallo, ha gli stivali sporchi di terra, porta al collo una croce e in una mano il bastone del pellegrino. Già a colpo d’occhio rinvia allo stile giapponese reso popolare in tutto il mondo dagli anime e dai manga; in particolare è ispirata alla cultura “kawai”. Il suo nome e il suo sguardo riflettono il tema giubilare della speranza. Al netto di qualche (prevedibile) critica, già dai primi giorni «i social media – non solo nei profili cattolici, ma anche in quelli legati al vasto mondo della cultura “nerd” in varie lingue – sono un susseguirsi di fanart, omaggi e commenti che evidenziano come, insomma, il messaggio sia passato»: è quanto testimonia il documentato articolo che Andrea Canton ha inviato al settimanale diocesano di Padova “La difesa del popolo” (shorturl.at/2BZX2) dal Lucca Comics & Games, dove Luce è stata una «protagonista». Le prime, nuove immagini di Luce «sono state realizzate con l’intelligenza artificiale. Poi sono arrivati gli artisti veri. Da tutto il mondo. Di tutte le fedi». Ne è testimonianza fra le altre, su Reddit, la “subreddit” intestata LuceArt (shorturl.at/OFuzL).
La vocazione all’illustrazione religiosa
Fra gli artisti che vi hanno pubblicato la loro versione della pellegrina Luce si è inserita, pochi giorni fa (shorturl.at/jOApY), anche Gabi Ilus, al secolo Gabriela Oviedo. Si tratta di una giovane illustratrice argentina di libri per ragazzi, divenuta popolare, lo scorso maggio, per i ritratti delle Madonne patrone dei paesi latinoamericani. Li ha raccolte in un reel che attualmente, sul suo account Instagram (shorturl.at/Pq2lP), segna 1,7 milioni di visualizzazioni, e che dovrebbe presto, annuncia Aleteia ispanofono (shorturl.at/O75c2), sfociare in un libro digitale. Anche le tavole di Gabi Ilus, che su Instagram attualmente conta 26mila follower, rimandano allo stile degli artisti giapponesi. I suoi soggetti sono prevalentemente religiosi: santi di oggi e di ieri, simboli natalizi e pasquali, un Benedetto XVI ritratto insieme ai suoi gatti. Ci sono anche tavole a sostegno dell’Ucraina in guerra, e altre di calciatori della nazionale argentina. Le patrone pubblicate di recente cingono in un abbraccio molto materno le “sagome” dei rispettivi paesi, e comprendono – spiega la stessa autrice – elementi culturali nazionali spesso tratti dalla natura, come fiori o animali. La storia di Gabi Ilus, raccontata anche da ChurchPop (shorturl.at/0XpSV), parla di una vera e propria vocazione per l’illustrazione religiosa, ma anche di ricerche accurate sui soggetti ai quali si applica.
Una sfida tra i creatori umani e l’IA
In un post pubblicato a luglio (shorturl.at/Zw2xd
Gabi Ilus fa delle affermazioni interessanti a proposito dell’uso dell’intelligenza artificiale generativa per produrre immagini a soggetto religioso. «Noi creatori originali offriamo una creatività, un’empatia e una comprensione uniche del nostro lavoro; qualcosa che l’IA non potrà mai fare», afferma in apertura. Poi prosegue con riferimenti diretti alle proprie Madonne: «Il contenuto creato da artisti e scrittori umani porta dentro di sé esperienze personali e sfumature culturali» che l’IA «non può replicare». È quel «tocco umano» che riflette «l’eredità del Creatore». In altri post si sofferma su elementi più tecnici, legati all’iconografia sacra, che l’IA a suo parere non è in grado di apprendere, e persino su come certe imperfezioni delle immagini artificiali (come le mani con quattro dita anziché cinque) diventano dissacranti se relative a Gesù, alla Madonna o ai santi. Si può immaginare che le perorazioni di questa illustratrice, forti di argomenti così elevati, siano fatte anche “pro domo sua”, a difesa del suo lavoro dagli (inevitabili) attacchi che le immagini generate artificialmente le stanno portando (in particolare nell’ambito di un’editoria, quella religiosa rivolta ai bambini, che potrebbe esservi più esposta). Certo, se una giovane artista argentina sente il bisogno di contrapporre così direttamente sé stessa e gli altri artisti «umani» all’IA, è segno che la concorrenza di questi nuovi strumenti si è già fatta aggressiva.
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