Essere a Venezia e scoprire la città che si abita o che si sta visitando, da turista o viaggiatore, attraverso le foto di una mostra. Per scoprire una città “altra”. Inedita, tutta ancora da conoscere. Scorci sfuggiti, visioni perse, angoli particolari. È quello che accade, se si è in Laguna, entrando a Palazzo Grassi e percorrendo, è proprio il caso di dirlo, la mostra HyperVenezia (aperta fino al 9 gennaio, catalogo Marsilio). Hyper, al di sopra o al di là. Venezia ad un livello “superiore”, distaccato ma intimo, universale ma strettamente individuale. Un viaggio in una città deserta ma piena, metafisica, irreale ma profondamente vera. In occasione dei 1600 anni dalla fondazione di Venezia, HyperVenezia è il frutto di un ambizioso progetto, “Venice Urban Photo Project”, ideato e realizzato dall’architetto e gallerista Mario Peliti. Curata da Matthieu Humery, conservatore presso la Collection Pinault, la mostra propone un percorso immersivo al primo piano espositivo di Palazzo Grassi attorno a tre istallazioni: un percorso lineare di circa 400 fotografie che ripercorrono un ideale itinerario per i sestieri di Venezia, una mappa site-specific della città composta da un mosaico di circa 900 immagini geolocalizzate che offrono una panoramica della città e un video di oltre 3.000 fotografie che scorrono accompagnate da una composizione musicale inedita realizzata per la mostra dal noto musicista e compositore Nicolas Godin, membro del duo di musica elettronica “Air”.
HyperVenezia – Castello, Via Garibaldi, 2015 - Venice Urban Photo Project - Mario Peliti.
A partire dal 2006, Peliti inizia a mappare sistematicamente la città di Venezia con le sue fotografie, con l’obiettivo di raccogliere il più ampio e organico archivio di immagini della città mai realizzato e di restituire una rappresentazione unica dell’intero tessuto urbano di Venezia nella sua complessità e continuità. A oggi l’archivio fotografico conta oltre 12.000 scatti, tutti rigorosamente in bianco e nero, realizzati a parità di condizione di luce, senza ombre portate, e soprattutto in assenza di persone.Il risultato di HyperVenezia” è un’esperienza visiva radicale: la Venezia che conosciamo scompare e lascia emergere una Venezia parallela, vuota e atemporale. Dalla Serenissima presentata nella sua materialità pura emana questa stranezza inquietante che caratterizza qualunque città rimasta senza abitanti.
Da Venezia a Milano, c’è un altro progetto a suo modo “Hyper”. È quello che ha proposto alla Triennale (domani pomeriggio c’è il finissage) Giovanna Silva in Milan City, I listen to your heart (catalogo Mousse Publishing): una selezione di circa mille fotografie scattate a Milano nell’arco di un anno, esposte nella Scala brutalista del Palazzo dell’Arte, con una mappa della città disegnata da Michele Marchetti con i luoghi degli scatti fotografici. Un percorso per Milano dell’artista, sulle tracce dell’ode composta negli anni Trenta da Alberto Savinio: trecento pagine in cui si dilunga sulle strade e i monumenti della città, sulle sue personalità, i suoi segreti e la sua nebbia. «Credeva che io fossi attratto dallo strano e dal mostruoso, né ha capito che io cerco invece l’anima segreta delle cose, e per trovarla sono costretto molte volte a guardare dietro la loro facciata consunta dall’uso e divenuta irriconoscibile».
Milan City, I listen to your heart - Area di Piazza Cadorna Gae Aulenti, 2021 - Giovanna Silva
Giovanna Silva – fondatrice di Humboldt Books e “San Rocco Magazine”, insegnante di fotografia presso Naba Milano, Iuav Venezia e Isia Urbino – per un intero anno ha fotografato Milano al mattino presto, correndo lungo elaborati itinerari circolari che abbracciano il centro e la periferia. Torna in alcuni luoghi infinite volte, un nuovo giorno, una nuova luce, una città semi addormentata, sospesa, ancora lontana dalla frenesia lavorativa che la contraddistingue. Si concentra sugli edifici moderni e contemporanei. I luoghi sono fotografati due, tre, quattro volte, ogni immagine si giustappone alla seguente offrendo una poetica vertiginosa di forma e linea, linea e colore. Abbondano i dettagli stravaganti, colti con sguardo ironico e affettuoso, immersi in una luce quasi metafisica: una serie di “panettoni” dipinta come personaggi dei Minions; un operatore solitario che si piega sulla sua scopa accanto a un’imponente struttura di acciaio e vetro; le spensierate parole “Ciao a tutti” sul muro in un cantiere abbandonato. Il “grigiore” di Milano si perde nelle cromie di queste sorprendenti immagini che ne rivelano il cuore. Una Milano “hyper”. Come Venezia. Un modo inedito di guardare e vivere una città.
Eccezionalmente, due foto e 687 parole.