Crime, un doc fa luce su tante invisibili “Saman” d’Italia
giovedì 30 gennaio 2025
«Novellara – come spiega il parroco don Giordano Goccini – è un paese che si vanta del titolo di città, ma è un comune di appena 13 mila 500 persone, diventato però multiculturale, multietnico e multireligioso». «Novellara – aggiunge l’ex sindaca Elena Carletti – ha fatto dell’accoglienza e dell’integrazione un obiettivo strategico. Qui arrivano immigrati soprattutto dall’India e dal Pakistan, ma anche dalla Cina e dal Nord Africa. Qui è nato il primo tempio sikh in Italia, uno dei più grandi d’Europa». Eppure, la cittadina in provincia di Reggio Emilia è salita agli onori della cronaca per la tragica scomparsa di Saman Abbas, la diciottenne pakistana brutalmente uccisa dalla sua famiglia per aver rifiutato un matrimonio combinato. Vicenda per la quale il padre e la madre di Saman, Shabbar Abbas e NaziaShaheen, sono stati in primo grado condannati all’ergastolo, mentre allo zio Danish Aznain, ritenuto l’esecutore materiale, è stata comminata una pena di 14 anni. Assolti invece dall’accusa di omicidio i cugini Ikram Ijaz e Nomanhulaq, presunti complici nell’occultamento del cadavere. Adesso, in attesa del processo di appello che avrà inizio il prossimo 27 febbraio a Bologna, Sky Crime ha proposto martedì sera il documentario Saman, scritto e diretto da Gabriele Veronesi e Luca Bedini, che attraverso numerose interviste e materiali d’archivio hanno evitato di ridurre la vicenda a una semplice storia di cronaca nera, mettendo in luce la dura realtà di molte ragazze pakistane che come Saman lottano per la propria libertà in un contesto spesso ostile, a partire da quello familiare. Uno dei tanti intervistati, il regista e attivista pakistano Wajahat Abbas Kazmi, spiega bene come le famiglie pakistane immigrate creino un sistema ghetto tra di loro. Mentre Tiziana Del Pra, attivista che segue i casi di matrimoni forzati definendoli «stupri maritali», parla di un sistema patriarcale simile ai clan mafiosi. Dal lavoro di Veronesi e Bedini, molto articolato e dalla durata notevole (un’ora e mezzo), emerge un mondo di tradizioni, immigrazione e temi sociali estremamente complesso e al cui svelamento contribuisce la lucida e drammatica testimonianza di Amina (nome di fantasia di una potenziale altra Saman), giunta in Italia dal Pakistan quando aveva quattro anni e che a diciassette ha saputo di essere già fidanzata da tempo con un cugino rimasto in patria e che ha dovuto sposare via Skype per anticipare i tempi del ricongiungimento. Amina, dopo tante tribolazioni, è riuscita a rifarsi una vita ed è su di lei che il documentario si chiude lasciando uno spiraglio di speranza, anche se il parroco di Novellara, temendo l’indifferenza e riconoscendo che alla sfida di diventare una società multiculturale non siamo preparati, ricorda che giustizia sarà fatta solo quando tutte le Saman del mondo non rischieranno più di fare la fine della giovane pakistana. © riproduzione riservata
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