In un libro pubblicato da poco (Mattia Morretta, "Questo matrimonio non s'ha da fare", Viator 2019) trovo questo bel pensiero: «Sarebbe cosa buona e giusta dedicarsi a costruire una rete umana realmente protettiva, in una parola una comunità che abbia posto per tutti». Ma come si costruisce una comunità?
Una mossa che tutti abbiamo a disposizione è la rivalorizzazione dell'amicizia e della sua gratuità: «Schiere fraterne e sororali» le chiama Morretta. «L'amicalità onesta e filosofica, il bene più raro e censurato nella nostra era, in quanto mercificata e svilita a complicità e connivenza».
Altre possibili mosse più propriamente politiche in direzione della ricostituzione di comunità: per esempio - parlo di leggi, e perfino di tasse - il disinvestimento da una prospettiva individualistico-dirittistica in favore di una impostazione relazionale. Altro esempio, ripensando alle comunità naturali - ricordate le cascine, o le ringhiere, i figli "del villaggio"? -: la smitizzazione dell'idea di un bambino proprio e la marginalizzazione del biomercato che te lo fornisce "a ogni costo". E ancora: la promozione e il sostegno di ogni attività di cura - di sé, degli altri, del territorio, dell'ambiente - che sposti il baricentro politico dall'infelice sterilità dell'uno alla pienezza feconda del come-minimo-due.
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