Il termine non è bellissimo, ma la tesi di Riccardo Luna è interessante: andiamo verso «la tiktokenizzazione del mondo». Al punto, sostiene l'esperto di digitale, che «se Omero rinascesse oggi, invece di scrivere l'Iliade, l'ira di Achille la racconterebbe su TikTok».
Oggi il social cinese amato dai ragazzi (ma anche da tanti ventenni, trentenni e quarantenni) ha superato 1 miliardo di iscritti nel mondo. In Italia è arrivato a quota 9 milioni di utenti. Con un tempo medio di utilizzo (in costante crescita) di 5 ore al mese. Il ragionamento di Luna, però parte da un altro dato: la quantità di video visti su TikTok paragonati ad altre attività social. «Ogni tweet – scrive Luna – corrisponde a 290 video visti su TikTok, ogni ricerca di Google a 29 video, ogni foto condivisa su Instagram a 2.500 video, ogni ora di streaming su Netflix a 300 video, ogni messaggio mandato su Whatsapp a 4 video. Solo il numero di email inviate (300 miliardi al giorno, circa) è paragonabile al numero di video che vediamo su TikTok». Non so dove Luna abbia scovato quest'ultimo dato, ma fa impressione: su TikTok verrebbero visti 300 miliardi di video. Anche se non si sa ogni quanto: al giorno, alla settimana, al mese?
Smettiamola di fare i puntigliosi e torniamo alla tesi di Luna: «TikTok sta diventando la rappresentazione del mondo e anche il nostro modo di informarci e comunicare». Secondo alcuni educatori, sta cambiando anche il nostro modo di essere. I ragazzi (e quelli che credono di esserlo ancora anche se hanno 30, 40 o 50 anni) si abbeverano a TikTok. Decretano il successo di altri ragazzi come loro facendoli diventare star e si fanno guidare da ex ragazzi come loro che sono già diventati dei «TikToker» di successo. Scoprono tendenze di moda e nuovi modi di dire. Imparano balletti e movenze, come superare le delusioni d'amore e come «fare impazzire i ragazzi».
Agli occhi di noi adulti è un mondo pieno di vita e di eccessi. Con grandi dosi di creatività ma anche di volgarità. Un luogo dove quelli che pensavamo essere punti di riferimento quasi non esistono. E dove la brevità comunicativa (con tutti i suoi vantaggi e i suoi eccessi) sembra essere l'unica lingua comprensibile. Non solo. Lo «stile TikTok» sta rendendo sempre meno attraente la parola scritta. Ma anche la radio e i programmi tv sono messi in crisi. E con loro i ragionamenti complessi. Perché è vero che si può far pensare anche con un video brevissimo, ma è innegabile che dentro il modello TikTok certe cose non entrano. E se ci entrano è perché sono state sminuzzate e spesso anche un po' banalizzate.
Alcuni adulti provano a diventare «TikToker». E persino alcuni giornali hanno aperto profili sul social. Ma non è facile esprimersi in una manciata di secondi per chi era (è) abituato ad altro.
È vero che già ora i video su TikTok possono arrivare a durare anche 3 minuti, ma quanti li guardano quando sono «così lunghi»? Sembra che in parte resistano i «tutorial». Cioè video dove soprattutto i ragazzi spiegano cose ad altri ragazzi. Ricette, gli errori da non fare in inglese o in altre lingue, come costruire oggetti o come realizzare opere artistiche.
Ovviamente non ho la sfera di cristallo, ma il «modello TikTok» temo sia un processo irreversibile in molti aspetti. Che ha già e avrà sempre di più anche effetti sulla nostra capacità di attenzione. Col risultato che facciamo e faremo sempre più fatica a leggere, ascoltare o guardare contenuti di media e lunga durata. Solo il tempo ci dirà se sarà una tragedia o se ci abitueremo tutti a comunicare in un modo nuovo.
© Riproduzione riservata
ARGOMENTI: