Ha ragione Gigio Rancilio, attento esploratore delle nostre "Vite digitali" qui su Avvenire, che me l'ha segnalata: questa notizia è perfetta per WikiChiesa. Dopo che già molti soggetti, individualmente o in gruppo, hanno preso ad adoperarsi perché i christifideles non si dimentichino del libro del Siracide (28,8-26) per il solo fatto di non usare la lingua ma la tastiera, è ora una diocesi, quella svedese di Stoccolma, a produrre e diffondere un quasi-decalogo di tumregler (linee guida) che aiutino i cattolici (e non) che utilizzano i social network a non trascendere, come invece spesso capita, nella violenza verbale e nelle offese. D'accordo, i membri della Chiesa cattolica in Svezia – i confini della diocesi coincidono con quelli nazionali – sono solo 116mila, il che è poca cosa a fronte dei 5 milioni di utenti svedesi di Facebook. Ma questo non toglie merito all'iniziativa, che del resto si regge proprio sul presupposto della responsabilizzazione ecclesiale: «Se ti esprimi come cattolico, tieni presente che diventi un rappresentante della Chiesa cattolica», sei cioè tenuto a quello stile che si chiama evangelico.
Queste le regole secondo quanto riporta il "Sir", fonte della notizia per chi non sa la lingua di Bergman: «Mostra il rispetto per gli altri esseri umani, indipendentemente dalle opinioni che esprimono; utilizza argomenti fattuali; mostra empatia e simpatia; trattieniti dalle accuse personali; non giudicare, non condannare; quando scrivi sui social pensa se vuoi seguire il principio dell'occhio per occhio». C'è anche spazio per la deontologia giornalistica: «Quando pubblichi foto o filmati di altre persone nei social media, chiedi sempre l'autorizzazione alle persone coinvolte». Come si vede, le indicazioni svedesi mettono il dito su tutte le piaghe delle nostre discussioni in Rete. Compresa questa che ho tenuto per ultima, perché temo sia la più difficile da attuare: «Credi alla buona fede degli altri».
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