Si parte dall’Osservatorio astronomico di Trieste e lì si ritorna dopo un flashback che racchiude di fatto tutto il film per la tv Margherita delle stelle, andato in onda martedì su Rai 1, ora disponibile su RaiPlay, liberamente ispirato al libro Nove vite come i gatti di Margherita Hack e Federico Taddia, sceneggiato da Monica Zapelli e diretto da Giulio Base, con Cristiana Capotondi nel ruolo dell’astrofisica nata a Firenze nel 1922 e morta a Trieste nel 2013 dove aver diretto il locale Osservatorio dal 1964 al 1987. Il flashback, che parte dal 1929 con Margherita bambina, racconta, con passaggi temporali attraverso dissolvenze della Hack in bicicletta, la vita della ragazza e della donna più che della scienziata. Lo fa in un modo semplice, che ben si addice al pubblico di Rai 1 e che non guasta. Magari si potevano evitare certe semplificazioni, che rischiano di banalizzare alcuni momenti della vicenda: le cattivelle compagne di classe, gli ipocriti insegnanti fascisti che la vorrebbero espellere dalla scuola, il maschilismo dei colleghi dell’Osservatorio di Merate… Qualche forzatura anche nelle ambientazioni: gli angoli più noti di Pistoia fatti passare per Firenze, lo Stadio dei Marmi di Roma al posto del campo di atletica del Giglio Rosso ai piedi del Piazzale Michelangelo. La quarantatreenne Capotondi è comunque brava nel portare il personaggio di Margherita dall’adolescenza all’età matura in questo sorta di romanzo di formazione, a parte la parlata fiorentina che non le risulta certo naturale. Mentre le immagini di repertorio che compaiono in più occasioni e le vere foto della Hack sui titoli di coda sono un richiamo alla realtà storica, ma soprattutto alla realtà di una donna determinata e libera, grazie anche all’uomo che le è stato accanto una vita, il marito Aldo. La loro storia d’amore, di rispetto e di stima reciproca il film la racconta bene.
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