È significativo che Giuseppe Capograssi, nominato giudice costituzionale dal presidente Gronchi nel dicembre 1955, sia deceduto il 23 aprile 1956, il giorno prima dell'insediamento. Il grande filosofo del diritto concludeva così, a 67 anni d'età, una vita sempre lontana dai riflettori, dedita agli studi e agli affetti, lasciando un discepolato illustre che, da Gabrio Lombardi a Sergio Cotta, giunge a Francesco D'Agostino, oltre che ai prefatori del volume di cui diremo fra poco.
Non fu un curriculum facile, quello di Capograssi. Dalla natia Sulmona frequentò il liceo a Macerata e si laureò alla Sapienza di Roma nel 1911, sotto la guida di Vittorio Emanuele Orlando. Nel 1922 non ebbe successo al concorso per la cattedra di Diritto costituzionale all'Università di Macerata, e qualche anno dopo ebbe l'onore di essere bocciato da una commissione presieduta da Giovanni Gentile in un concorso bandito dall'Università di Catania.
Infruttuosi i contatti, inizialmente promettenti, con padre Agostino Gemelli: nella neo-tomista Università Cattolica di Milano non c'era posto per un filosofo come Capograssi, fenomenologo e rosminiano; del resto, in Cattolica non ci fu una cattedra neppure per Cornelio Fabro, tomista senza neo. Finalmente, nel 1932, Antonio Segni lo chiamò all'Università di Sassari. Nel 1935 passò a Macerata, diventando rettore di quella università nel 1938. Successivamente insegnò a Padova, a Napoli, stabilizzandosi definitivamente a Roma dal 1950.
La sua opera omnia è racchiusa in sette massicci volumi, ai quali vanno aggiunti i tre volumi di Pensieri a Giulia, in cui il fedelissimo Gabrio Lombardi ha raccolto e pubblicato nel 1978 i millenovecentocinquantuno foglietti che Capograssi quotidianamente scrisse dal 1918 al 1924 alla fidanzata Giulia Ravaglia, che divenne sua moglie il 18 febbraio 1924.
Bompiani, nella collana «Il pensiero occidentale», diretta da Giovanni Reale, ha ripubblicato i Pensieri a Giulia e, alcuni mesi orsono, a cura di Francesco Mercadante, presidente della Fondazione Nazionale G. Capograssi, ha stampato lo splendido volume La vita etica (pagine 1352, euro 42, con una Nota biografica di Giuseppe Papponetti) che riprende alcune opere fondamentali di Capograssi: Introduzione alla vita etica, con prefazione di Giuseppe Riconda; Analisi dell'esperienza comune, prefata da Antonio Delogu; Incertezze sull'individuo (Fulvio Tessitore); L'esperienza giuridica (Antonio Punzi); Considerazioni sullo Stato (Mario D'Addio).
Per un approccio al pensiero di Capograssi, consiglierei di partire dalla prefazione di Antonio Delogu all'Analisi dell'esperienza comune. «La peculiarità della riflessione capograssiana» " scrive Delogu " consiste nel fatto che non parte dalla verità per comprendere la vita, ma dalla vita per giungere alla verità». È un procedimento fenomenologico che fa preferire Husserl a Heidegger, e consente di mettere a fuoco, giuridicamente e moralmente, i bisogni della persona «che sono anche sogni che alimentano nel profondo l'esistenza degli individui». La filosofia, dunque, come ricerca di senso che arricchisce l'esperienza di vita. Il pensiero di Capograssi è, per usare una parola rimessa in circolazione da Benedetto XVI, «performativo», cioè richiede che la ricerca della verità si accompagni alla riforma interiore. Con parole di Capograssi che, ricordiamo, è stato anche il primo presidente dell'Unione giuristi cattolici italiani, «è certo che la filosofia non ha altro dato che la vita, e il suo nobile scopo è di spiegare la vita, di rendere alla vita una chiara consapevolezza di sé stessa».
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