C’è una ragione
giovedì 20 giugno 2024
Che ne è della fede nell’epoca della secolarizzazione? Come regge il credere in un ordine superiore, che i cristiani chiamano Dio, in un mondo non più religioso, come ebbe a intuire Dietrich Bonhoeffer? Nel romanzo A me puoi dirlo (Sur) dell’americana Catherine Licey accade una vicenda singolare: nella chiesa del paese, proprio alla vigilia dell’annuale Festival del perdono, arriva un individuo sconosciuto. Che viene poi pian piano accolto dalla congregazione, svelando meccanismi relazionali guasti, incrostazioni personali e visioni religiose non adeguate. Un evento improbabile come l’arrivo di uno sconosciuto in chiesa, che lì vi ha dormito, viene accolto così da una parrocchiana, Hilda: «Stasera viene il reverendo a cena da noi. È preoccupato per te, ovviamente, vuole accertarsi che sia tutto a posto. Tutta la congregazione è preoccupata, ma sappiamo che Dio ti ha mandato da noi per una ragione. Il Signore provvederà a tutto. Potrebbe sembrare ridicolo al giorno d’oggi, ma noi ci crediamo ancora. Non possiamo farne a meno». In questa adesione fiduciosa scorgiamo un tratto genuino della fede, che deve fare i conti con il disincanto del nostro tempo. Diventa utile ricorrere a quella definizione di Origene, cioè, avere «un entusiasmo critico della fede» (per lo scrittore dei primi secoli questa era la teologia) in cui unire adesione d’entusiasmo e razionalità fiduciosa. © riproduzione riservata
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