C’è un’altra difesa che all’Ue serve subito
domenica 13 aprile 2025
Lo dicevamo anche qui su ZeroVirgola appena due settimane fa: il piano RearmEurope non ci convince, non sappiamo come finanziarlo e non osiamo pensare – almeno così formulato – dove possa portarci nel suo assecondare l’imperante deriva bellicista. Anche perché abbiamo la sensazione che nella società iperconnessa in cui abitiamo i pericoli siano tanti, e non tutti risolvibili a colpi di cannone. Un segnale inequivocabile in questa direzione l’ha dato in settimana Piero Cipollone, il componente italiano dell’esecutivo della Banca centrale europea. «Rischiamo di perdere la nostra sovranità monetaria, i recenti sviluppi internazionali sottolineano questi rischi», ha messo in guardia in audizione al Parlamento europeo. Da banchiere centrale non parlava di geopolitica o di questioni militari, ma di denaro: «L’Europa – ha dichiarato – non può permettersi di affidarsi eccessivamente a soluzioni di pagamento estere, perché ci rende dipendenti dalla gentilezza di estranei in un contesto di accresciute tensioni geopolitiche». Dunque, non è di prioritaria importanza solo la necessità di difendere l’autonomia europea sulla difesa o sugli approvvigionamenti energetici, di cui parliamo spesso: «Garantire l'autonomia per servizi essenziali come i pagamenti quotidiani è altrettanto urgente», ha detto l’esponente Bce. In pratica: occhio ai pericoli che si nascondono negli strumenti con cui gestiamo le nostre transazioni digitali. Che ormai sono la stragrande maggioranza: nel 2024, ha calcolato la stessa Bce in uno studio recente, il 75% dei pagamenti è stato effettuato tramite un Pos, mentre nel 21% dei casi è avvenuto online. Totale: 4% di operazioni in contanti e 96% in versione digitale, dunque con l’intervento di almeno un soggetto terzo, dalle società di servizi a quelle che gestiscono le carte. Peccato che qui buona parte degli interlocutori siano esteri: basta pensare che in 13 Paesi dell’area euro (tra i quali non figura l’Italia) a disposizione dei consumatori ci sono esclusivamente circuiti di carte internazionali o soluzioni mobili per i pagamenti nei negozi, mentre dove operano circuiti di carte nazionali è sempre comunque prevista la collaborazione con un operatore internazionale. «Affidarsi eccessivamente a fornitori stranieri mina la nostra resilienza e compromette la nostra sovranità monetaria», ha ammonito Cipollone. Perché è chiaro che insieme alle nostre transazioni viaggiano le informazioni che riguardano noi e i nostri affari, così come la possibilità di bloccarli o ostacolarli laddove altre barriere dovessero alzarsi. Come difendersi? Vista la materia, le armi “tradizionali” servono a poco. C’è da preservare l’uso del contante, che è anche strumento di inclusione finanziaria (soprattutto in un continente anziano come l’Europa). Ma serve anche guardare avanti, e rilanciare. A differenza del piano RearmEurope, oneroso e last minute, l’Unione si è mossa per tempo: si sa che il processo di integrazione europea è guidato dall’economia, e in questo caso ne abbiamo raccolto un frutto. È l’euro digitale, cantiere entrato nella sua ultima fase preparatoria. In ballo non c’è solo il fratello virtuale della moneta reale in circolazione dal 2001, ma «una moneta sovrana emessa in forma elettronica, concepita per affiancare il contante e le altre soluzioni private senza sostituirle», come ha spiegato proprio su Avvenire, a novembre, Chiara Scotti, vice direttrice della Banca d’Italia. In pratica, uno strumento sicuro perché “domestico”, efficace perché digitale, ma al tempo stesso trasparente come le valute tradizionali che nulla hanno a che vedere con le criptovalute che piacciono tanto a Trump. Siamo a un passo dal traguardo e avremo bisogno, ha detto Cipollone, di norme ad hoc. Ce la faremo? © riproduzione riservata
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