Operazione coraggiosa (non c'è che dire) quella compiuta da Rai Cultura che mercoledì con Beneide ha costruito su Rai 5 un'intera giornata dedicata a Carmelo Bene a vent'anni dalla scomparsa avvenuta a Roma il 16 marzo 2002 all'età di 64 anni (era infatti nato a Campi Salentina in provincia di Lecce il 1º settembre 1937). Operazione coraggiosa perché il controverso, ma senza dubbio geniale attore, regista e drammaturgo era già spiazzante nel suo ambiente naturale, il teatro, figuriamoci in televisione o nei film sperimentali dove intendeva «frantumare e maltrattare il visivo». Eppure, pochi come lui hanno portato una ventata autenticamente nuova in teatro puntando soprattutto sulla cosiddetta «scrittura di scena» e sulla forza espressiva dell'attore («la macchina attoriale»). Carmelo Bene è stato un lettore di Dante, un rilettore e ibridatore degli altri classici da Shakespeare in avanti, un rivisitatore di miti con la sua voce volutamente distorta e introspettiva per esprimere «quanto si sottrae al linguaggio». Rai 5, con il curatore Felice Cappa, ci ha così proposto per quasi venti ore, dalla prima mattina (con i Canti di Giacomo Leopardi) alla notte fonda (con L'Adelchi di Alessandro Manzoni in forma di concerto), un viaggio attraverso poesia, letteratura, filosofia e musica, con un susseguirsi di recital, opere teatrali, film e interviste per una sorta di autobiografia con frammenti televisivi che dimostrano quanto siano ancora attuali, oltre che follemente anticonformisti, il pensiero e il percorso artistico di Carmelo Bene, che tra l'altro non tollerava i critici teatrali. Bellissima a quest'ultimo proposito la riproposizione di una puntata di Mixer cultura del 1988 con scontri verbali (a lunghi tratti forbiti ma perfidi) da fare invidia a quelli dei talk show odierni.
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