Un grande tema sul quale riflettere, fortemente emerso nell’ultima settimana sportiva, è quello dell’inchiesta che ha portato all’arresto di diciannove esponenti delle tifoserie dell’Inter e del Milan, all’interno di un’ampia operazione condotta da Polizia, Guardia di Finanza e coordinata dalla Procura di Milano. L’indagine ha fatto luce su business illeciti degli ultras, contestando l’associazione per delinquere, in un caso aggravata dal metodo mafioso e le infiltrazioni della ’ndrangheta nei loro interessi economici, oltre ad estorsioni e pestaggi: 530 pagine agghiaccianti che dimostrano un intreccio strettissimo fra parte delle tifoserie organizzate e affari che con il calcio non c’entrano nulla, ma con il crimine molto. Si è dunque riaperta una discussione, tutt’altro che nuova, circa un fenomeno forse volutamente ignorato (fatico a dire sottovalutato) anche dalla politica italiana. Fa riflettere che mai, qualunque fosse la connotazione politica del Governo di turno, è stata voluta la costituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta e le uniche note di discussione sul tema emergono dalla commissione antimafia. Il calcio italiano non è in gran forma, anzi. I problemi sono davvero tanti e molto complessi: economici, fiscali, legati alla qualità degli stadi, agli orrendi episodi di odio razziale o territoriale oltre che, come noto, anche di risultati agonistici. Nonostante le attenzioni si siano molto concentrate sul tema della lotta alla pirateria (giusto, ci mancherebbe) non crediamo che quello sia il problema principale del calcio italiano, oggi. La priorità resta quella di restituire al calcio, e ai tanti che lo amano, la dignità di uno spettacolo sportivo senza compromessi con la delinquenza. È irrinunciabile, irrimandabile una grande azione offensiva congiunta fra politica, Lega Calcio, Federazione Gioco Calcio e club (non solo di serie A, poiché la saldatura fra porzioni di mondi ultras e la malavita non va in scena solo sul palcoscenico principale) che possa permettere prima di tutto alle società stesse di non essere più costrette ad accettare compromessi, se non di essere addirittura in balìa di bande criminali. Si giochi questa partita insieme, una volta per tutte, e inevitabilmente ne trarrà beneficio la credibilità, l’immagine e, ne siamo certi, anche la qualità agonistica del calcio italiano. In caso contrario la caduta libera diventerebbe inarrestabile, con un rischio ulteriore: quello di far disinnamorare dello sport più planetario che esista, primi fra tutti, i nostri ragazzi. Lo dice la cronaca stessa: anche la cultura (o sottocultura, se preferite) ultras che, non va dimenticato, possiede anche una dimensione sana che è stata, ed è, capace di generare senso di appartenenza e risposte concrete, struggenti, generose per esempio in occasione di calamità naturali come il Covid, le ormai seriali alluvioni o i terremoti, farà allontanare definitivamente i giovani dalla passione per il calcio. Già oggi il fenomeno ultras in Italia non sembra più essere una cosa per giovani: riguarda principalmente ultraquarantenni, mentre in Paesi come l’Indonesia, l’Egitto, il Marocco (o la Germania, patria dell’azionariato popolare dei club della Bundesliga), le tifoserie sono giovani, appassionate, capace di schierarsi anche contro le forme di malgoverno o, in alcuni casi, di dittatura. In sostanza, qui da noi, non va buttato il bambino con l’acqua sporca, ma occorre agire. E farlo più in fretta possibile.
© riproduzione riservata
© Riproduzione riservata
ARGOMENTI: