Il documento reca la data del 5 ottobre 2021, quasi due anni esatti prima dell’orribile e inaudito pogrom scatenato da Hamas, che ha innescato la terrificante vendetta di Israele. Si intitola “Strategia dell’Unione europea per combattere l’antisemitismo e sostenere la vita ebraica” e punta a realizzare entro il 2030 tre grandi obiettivi: prevenire ogni manifestazione di odio o disprezzo antiebraico, proteggere e incoraggiare la vita delle comunità israelitiche nella Ue, promuovere attività di ricerca, istruzione e commemorazione dell’Olocausto. In 28 pagine, si descrive un apprezzabile programma decennale, per procedere «verso un’Ue libera dall’antisemitismo», come recita il capitolo iniziale del testo.
Per quale ragione è stato redatto? Perché già in quel momento era evidente una inquietante ripresa in tutto il Continente della malapianta antisemita. Per esempio, si denunciava come l’origine e la diffusione della pandemia da Covid 19 venivano spesso attribuiti agli ebrei, accusati poi di propagandare i vaccini per lucrare sulla loro produzione. Si registrava inoltre una crescita rilevante di episodi di violenza e minacce a sfondo antisemita, con un conseguente maggiore senso di insicurezza e paura fra le comunità colpite. Il tutto, a fronte della scarsa percezione nell’opinione pubblica del fenomeno e delle sue ricadute.
È evidente che, dopo quanto sta succedendo, quel piano strategico ha bisogno di una profonda revisione e di adeguamento, vista l’impressionante ondata di attacchi e di manifestazioni non solo contro lo Stato di Israele, ma contro tutti gli ebrei, messi indiscriminatamente nel mirino in quanto tali. Facendo così tornare di triste attualità il monito di Primo Levi sulla Shoah, citato a conclusione del documento della Commissione di Bruxelles: «È avvenuto, quindi può accadere di nuovo».
Notava di recente Simone Rodan-Benzaquen, direttrice per l’Europa dell’American Jewish Committee ed esperta di geopolitica, che già nelle prime tre settimane dopo l’avvio del conflitto a Gaza, il numero di episodi antisemiti è esploso a dismisura, con un incremento di quasi il 1.500 per cento non solo nella Francia dei sei milioni di musulmani, ma anche in Germania e altrove. «Arginare la piaga secolare dell’antisemitismo deve essere un impegno costante», perché «l’Europa potrà prosperare solo quando potranno farlo anche le sue comunità ebraiche»: così si conclude il documento Ue di due anni fa.
Concepita e allevata per secoli dai pregiudizi, giunta al culmine della sua ferocia negli anni del genocidio hitleriano, la “bestia” dell’odio contro gli ebrei fa pensare all’Idra di Lerna, il mostro mitologico a tante teste, che costò a Eracle/Ercole la sua seconda “fatica”. Nella sua lotta contro il terribile serpente, l’eroe si accorse che, quando riusciva a tagliare una testa dell’Idra, subito ne rispuntava un’altra. La leggenda narra che in suo aiuto arrivò il nipote Lolao, svelto a bruciare il moncone non appena Eracle riusciva a tagliare una testa, impedendone la rinascita.
L’impresa di inaridire le radici dell’antisemitismo appare oggi quasi più improba. Ma è una fatica che l’intera società europea, non soltanto le sue istituzioni, deve sobbarcarsi senza cedere mai alla stanchezza o, peggio, alla rassegnazione. Perché questo fenomeno non è solo figlio di odii e conflitti, ne è anche padre, come insegnava il grande umanista Erasmo da Rotterdam: «Siccome guerra genera guerra, da guerra finta nasce guerra vera, da guerra piccola guerra grandissima, non di rado accade ciò che nel mito si narra del mostro di Lerna».
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