Quando sono stato per la prima volta da Heinz Beck, in attesa della cena l'ho scoperto mentre tracciava delle linee su un grande foglio bianco coi suoi collaboratori. Non era un tecnigrafo, ma un piano di acciaio dove di lì a poco sarebbero girati i piatti. Però m'ha dato l'idea che la cucina fosse una questione di precisione ingegneristica.Giorni fa da Niko Romito a Castel di Sangro ho avuto la medesima impressione: «Il cuoco è impegnato in una riunione coi suoi collaboratori», mi hanno detto, superando così l'immagine dell'oste che vai a salutare mentre si sta preparando al servizio. Poi ho scoperto che dietro al ristorante Casadonna, ambientato in un ex convento, con appena una trentina di coperti, c'è un progetto di formazione e molto altro ancora. Per partecipare alla scuola di Niko il costo è di 18 mila euro, per capirci, che è più o meno quanto si spende in altre scuole per intraprendere il mestiere. Lo scorso anno commentammo che scuole alberghiere e università di agraria stavano crescendo. E quest'anno il dato è di un altro + 5% con un esercito di 49 mila giovani che hanno aspettative in campo culinario. Colpa della tivù, si dice sbrigativamente, e un po' è vero, ma nel frattempo, mentre crescono le offerte per formare cuochi, il mercato vede la saturazione. La verità e il paradosso è che i cuochi celebri stanno stretti (anche se hanno un fisico da modelli, altro che l'oste degli Anni Sessanta!) nei loro ristoranti. Anzi, il locale è solo le vetrina di un progetto assai più ampio che significa televisione per alcuni, scuole di formazione per altri, nuovi concept di locali per altri ancora. Col risultato che i cuochi già affermati alimentano l'inflazione di locali e le aspettative che, poi, faranno i conti con la congiuntura. Si spera che l'Expo, magicamente, faccia rifiorire tutto questo. Un po' avverrà, ma che resterà di quelle intere vie di una città come Milano che pullulano di locali? In quest'ultimo mese, complice la partecipazione come giudice a un format della Prova del cuoco che va in onda il mercoledì (Chi batterà lo chef ?), ho toccato con mano cos'è la cucina di un cuoco che ha tecnica e cos'è la cucina di casa. Due cose differenti e spesso lontane. Questo per dire che la "nuova cucina italiana" di oggi è un bene che va capitalizzato dentro a un progetto. Che non c'è (e che nessuno si sta sognando di creare). Eppure gli chef italiani che hanno trovato una loro originalità stanno diventando unici, scoprendo anche la terapia del cibo. Ma se si continua a pensarli osti di un'Italia un poco folcloristica, questi signori che si stanno prendendo molto sul serio continueranno ad andare avanti in ordine sparso. Creando un esercito di geniali cuochi... che un domani saranno potenziali disoccupati. Da Roma chi batte un colpo?
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