domenica 1 marzo 2015
Prossimo al suo 87° compleanno (19 marzo) e con un libro (Morire felici, Rizzoli) e un articolo su La Repubblica (mercoledì 25), il «teologo cristiano, anzi cattolico», Hans Küng fa sapere che, per coerenza con la sua fede e la sua professione, eserciterà, «qualora ne sia ancora in grado», l'«ars moriendi, l'arte di morire». Sul giornale scrive che «l'intenzione di non protrarre a tempo indeterminato la mia esistenza terrena è un caposaldo della mia arte del vivere e parte integrante della mia fede nella vita eterna» e perciò «ho il diritto di scegliere con la mia responsabilità quando e come morire». Praticherà una «eutanasia [che] non ha nulla a che vedere con un “auto-assassinio”». E precisa: «È questo il significato della parola greca euthanasia, storpiata vergognosamente dai nazisti: “Morte felice, buona, giusta, lieve, bella”. Un autentico Requiescat in pace, insomma… Per me, questo atteggiamento si fonda sulla speranza di una vita eterna che è il compimento definitivo dell'esistenza di un'altra dimensione della pace e dell'armonia, dell'amore durevole e della felicità permanente». Secondo lui, il cristianesimo non è un'astratta ideologia dottrinaria, bensì «una via che si impara a conoscere percorrendola» (purtroppo si può anche percorrerla all'indietro). Ammette che «molti amici e lettori» gli hanno fatto sapere che «sostenendo strenuamente la responsabilità personale nella morte, mette in pericolo tutta la grande opera della sua vita». Niente da fare, il teologo insiste. Resta, tuttavia, un grosso problema di tutta evidenza che, quindi, dovrebbe far pensare anche il prof. don Hans Küng. È questo: alla fine della vita, che nessuno, nemmeno un prete-teologo dalle «grandi opere», si è dato da sé, invece del ricorso al principio di autodeterminazione, l'affidarsi per la morte a Dio, come fu alla nascita, è per qualunque cristiano l'ultimo, definitivo e più coerente “Credo”.IL NUOVO ANALFABETISMOSempre su Repubblica si annuncia da Londra (giovedì 26) che tra poco il mondo telematico sarà invaso da una ulteriore serie di nuovi “emoticon”. Si tratta (cito, ovviamente, da Wikipedia) di quelle «faccine umane stilizzate che esprimono un'emozione (sorriso, broncio, ghigno, ecc.) e sono utilizzate prevalentemente dai giovani e in Internet, negli SMS e nei “social network”, per aggiungere componenti extra-verbali alla comunicazione scritta. Il nome nasce dall'accostamento delle parole "emotion" e "icon"». Divertenti ed efficaci, ne esistono già un'ottantina e, dunque, altre ne arriveranno. C'è il rischio, però, che a forza di telefonini e di smartphone – così dicono gli esperti – l'uomo disimpari a scrivere (tornerà la croce al posto della firma?) e soprattutto che i pollici crescano in maniera smisurata. COMUNICAZIONE E NATURAIl Corriere della sera informa (domenica 22) che, fresco di una laurea “honoris causa” in Comunicazione appena ottenuta dall'Università di Teramo, Marco Pannella ha comunicato al mondo da una emittente televisiva abruzzese, Teleponte, di essere padre di uno o, forse, di due figli: una specie di donatore in piccolo. Ma che dottore in comunicazione è, dato che Pannella diffonde notizie incerte? MATRIMONIO E NATURASul Sole 24 Ore, appare (domenica 22) la recensione di un libro in cui Nicla Vassallo, docente di filosofia teoretica all'Università di Genova, si chiede: «Matrimonio gay contro natura? Quale natura? Il matrimonio è solo un'istituzione culturale». Nossignora: l'uomo e la donna sono dotati dalla natura (noi diciamo da Dio) della possibilità di incontrarsi per permettere alla specie “uomo” di durare nel tempo. Anche la Vassallo è figlia della natura.
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