«Il fanatismo laico e la vanagloria francese» hanno imposto alla Carta fondamentale dell'Europa il preambolo che è, «per i francesi, il contributo più importante alla costruzione dell'Europa», ma è anche un duplice «errore» sia perché non ha alcun valore giuridico sia perché ha deliberatamente ignorato «le radici cristiane» del Continente e dell'Unione: così, da Bruxelles e sul Corriere della sera (giovedì 13) il filosofo italiano Sossio Giametta (noto per i suoi studi sui grandi pensatori tedeschi), che, però, documenta la verità e l'importanza di queste radici. Gli risponde l'ambasciatore Sergio Romano: verissime le radici cristiane, ma i preamboli alle Costituzioni sono solo «manifesti ricchi di buoni propositi e ampollosi luoghi comuni» da evitare, perché «qualcuno, prima o dopo, li porta all'incasso». Tra i due personaggi, la ragione (anche la “dea”) sta piuttosto dalla parte del filosofo (che “ama la saggezza”) più che dell'Ambasciatore (pragmatico per definizione). Un preambolo, se parla di radici, porta linfa vitale e orienta i principi e le norme che seguono. A una società di Paesi con storie, lingue, costumi, politiche, economie e istituzioni differenti, un richiamo a ideali e radici comuni farebbe assai più bene che la sola comunità della moneta.VUOTO O SALVIFICO?A forza di desacralizzare, i cristiani avrebbero realizzato una «religione dal cielo vuoto». Questa è la tesi che Umberto Galimberti, il filosofo e psicanalista del Venerdì di Repubblica, propone in un libro recensito dall'Unità (venerdì 14). Di questa religione il primo “colpevole” sarebbe Dio, il quale, «emigrando sulla terra e facendosi uomo, non perde soltanto la sua trascendenza, ma anche la sua sacralità. E poiché il cristianesimo altro non è che l'Occidente, la desacralizzazione del cristianesimo avrebbe portato inevitabilmente la conseguente desacralizzazione dell'Occidente». Neppure il recensore è, però, convinto della tesi: «Insomma, non sarebbe il moderno nichilismo della scienza a cancellare dalla nostra società ogni residua sopravvivenza del sacro». Ed essendo Dio in croce, «come potrà salvarci?». L'impressione è che né Autore né Recensore abbiano le idee chiare sul sacro. Che non è più diviso dal profano, da quando il Dio-uomo fu crocefisso e il velo del tempio si squarciò facendone uscire il sacro ed entrare il profano: entrambi furono salvati dal Risorto. LA RELIGIONE DEI NEO-ATEISu La Lettura, il supplemento domenicale del Corriere della Sera di qualche tempo fa, i neo-atei avevano rivendicato il “diritto” di avere una propria religione: quella di «chi non crede». La loro richiesta si basa sulla sentenza (prima nel suo genere) con cui la Corte Europea di Strasburgo condannò la Grecia nel 1993 «per aver violato in diritto di propagandare una fede», che costituisce «un bene prezioso» anche «per atei, agnostici, scettici e indifferenti». Spiegava il Corriere che «la militanza atea è andata inseguendo le Chiese sul loro terreno» e che «il Difensore civico della UE critica l'“opaca preferenza” accordata alle Chiese». In tutta questa vicenda s'incontra, però, qualche aspetto di novità: innanzitutto il nome di «neo-atei»; poi la considerazione che una «religione» e una «fede» reclamano una sorta di dio negativo, un dio non Dio. Potrebbe essere, chissà?, un interessante punto di partenza. Auguri.
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