«911: qual è l'emergenza?». La domanda si ripete più volte in meno di un'ora. A farla è la centralinista del numero unico di emergenza negli Stati Uniti. A mettersi immediatamente in moto sono vigili del fuoco e poliziotti le cui vite private s'intrecciano con le loro esperienze ad alta tensione nel rispondere alle richieste d'aiuto. Eroi nel pubblico, un po' meno nel privato («È strano che mi senta più a mio agio con le emergenze degli estranei rispetto a quelle che mi aspettano a casa»). Sottoposti a un'enorme pressione, gli uomini e le donne che intervengono per ogni genere di situazione devono prendere la migliore decisione nel minor tempo possibile e agire. Agire in fretta. È da qui che nasce la serie 9-1-1 in onda il martedì alle 21,00 su Fox Life (canale 114 di Sky). L'obiettivo è quello di raccontare situazioni realmente accadute e di rendere onore al lavoro che ogni giorno svolgono migliaia di operatori, anche se non sempre tutte le emergenze vanno a buon fine. Nel primo episodio abbiamo visto un suicidio, un neonato gettato nello scarico (ma salvato) e una donna quasi strozzata da un serpente. Ryan Murphy, il creatore della serie, ha raccontato di aver avuto l'idea a seguito di una drammatica esperienza personale. Quando il figlioletto di 11 mesi ha smesso improvvisamente di respirare, la chiamata al 911 è stata provvidenziale. Gli operatori hanno dato istruzioni per le prime manovre di soccorso e all'arrivo dell'ambulanza, poco dopo, il piccolo è stato rianimato e portato in ospedale. Murphy ha raccontato che non solo i paramedici e gli operatori del 911 hanno salvato la vita di suo figlio, ma anche che sono stati incredibilmente professionali, calmi e gentili. Con la consulenza di veri poliziotti, vigili del fuoco e paramedici, Murphy ha quindi dato vita a 9-1-1. Ma non c'è da aspettarsi niente di realistico in forma documentaristica. Le storie, sia pure ispirate alla cronaca, sono realizzate come le più classiche delle fiction, un po' alla Chicago Fire, Chicago PD o Chicago Med, anche se qui siamo a Los Angeles e l'atteggiamento da guasconi è accentuato, compresi i modi di dire in forma di slogan che si sprecano nei dialoghi fino all'enfatica voce fuori campo conclusiva: «Bisogna essere di un certo tipo per nuotare nel mezzo del dolore senza bagnarsi».
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