Mi è stato chiesto di ragionare, in una recente manifestazione pubblica a Ivrea, sui libri che hanno più profondamente inciso nella mia formazione. Il primo libro in cui ho trovato, intorno ai tredici-quattoridici anni, una rappresentazione letteraria con cui confrontarmi è stato I fratelli Karamazov: il conflitto con la figura paterna, la diversità delle risposte e delle scelte alla definizione di sé, al proprio posto e alla propria morale che è dei due fratelli maggiori e tormentati, le bellissime e così diverse figure femminili, e soprattutto Alëša il puro, e le domande sul dolore dei bambini, e infine la leggenda del Grande Inquisitore. Leggere quel libro era cercare la risposta alle domande più forti e radicali che ogni essere umano prima o poi ha dovuto porsi, se non obnubilato dai luoghi comuni, dalla stupidità. La più forte di tutte: cos'è il Bene e perché c'è il Male. E come reagire al Male. Il secondo libro è il Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi, che ha deciso della mia vocazione di vita, la scelta di andare a Sud da cui è conseguito tutto il resto. Il terzo, più insolito e letto sui vent'anni, è Memorie di un rivoluzionario di Victor-Serge, che mi ha aiutato a capire la storia del Novecento, la tragedia delle rivoluzioni, e però, con l'autore, la necessità delle rivoluzioni. Il mondo cambia in continuazione, il potere cambia di volto, e il primo dovere è saperne riconoscere i modi di agire e proporsi, le sue maschere e le sue realtà. Non si tratta di “rivoluzioni” ma, seguendo anche le riflessioni di Camus, di rivolta in più direzioni ma con uno stesso senso, si tratta di ragionare sui modi in cui ci pone di fronte alla storia, ai doveri dell'uomo, alla individuazione del bene e alla scelta tra il bene e il male così spesso confusa dalle mille chiacchiere degli intellettuali mentre si pone sempre in termini essenziali, a partire da un iniziale “o di qua o di là”, un punto di partenza deciso che nasce dall'osservazione e dalla riflessione e dal moto dell'animo che ne consegue. O di qua o di là vuol dire: accettare o non-accettare «lo stato delle cose»? E se non lo si accetta, come intervenire per rendere il mondo più giusto, più bello? Non-accettare implica dei rischi, dei costi. Ma è il primo passo, quello da cui tutto consegue.
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