L’Egitto moderno ha «un ruolo insostituibile nel Medio Oriente», e la sua leadership è addirittura «necessaria». Il discorso che papa Francesco pronuncia davanti al presidente Abdel Fattah al-Sisi, seconda tappa della sua visita in Egitto, attesta con espressioni forti e addirittura sorprendenti la missione affidata dalla storia alla nazione egiziana. E rappresenta un energico segnale di incoraggiamento per il Paese, richiamato proprio in virtù della sua «vocazione», a farsi carico delle responsabilità storiche che gli competono, in questi tempi difficili.
La «vocazione» egiziana
«Questa terra» - ha affermato papa Francesco «rappresenta molto per la storia dell’umanità e per la Tradizione della Chiesa». In essa «Dio si è fatto sentire, ha rivelato il suo nome a Mosè», sul monte Sinai. E in Egitto «trovò rifugio e ospitalità la Santa Famiglia: Gesù, Maria e Giuseppe». Proprio l’ospitalità manifestata più di duemila anni fa verso la Sacra Famiglia viene evidenziata dal papa come un tratto genetico dell'Egitto, attestato oggi dall'accoglienza di «milioni di rifugiati provenienti da diversi Paesi, tra cui Sudan,
Eritrea, Siria e Iraq». L’Egitto, anche a motivo della sua storia e della sua particolare posizione geografica – ha scandito il papa - «occupa un ruolo insostituibile nel Medio Oriente». Per questo è chiamato a farsi carico in maniera singolare anche dell'emergenza che fa soffrire l'intera regione: quella «quella violenza cieca e disumana» che stravolge la vita di interi popoli mediorientali.
Le sofferenze dei cristiani e degli altri
Le radici della violenza che squassa il Medio Oriente sono identificati dal Papa in quatto fattori, e solo l'ultimo di essi chiama in causa la religione: essi – rimarca il Vescovo di Roma – il desiderio ottuso di potere, il commercio di armi, i gravi problemi sociali e l’estremismo religioso «che utilizza il Santo Nome di Dio per compiere inauditi massacri e ingiustizie». E se l'Egitto è chiamato a «rafforzare e consolidare anche la pace regionale», il suo compito è reso ancor più singolare dal fatto che lo stesso popolo egiziano, sul proprio suolo, viene «ferito da violenze cieche».
Papa Francesco ha ricordato le stragi e gli omicidi mirati che negli ultimi mesi hanno colpito i cristiani copti al Cairo, a Alessandria, a Tanta e nella provincia del Sinai del nord. Ma non ha separato le violenze contro i cristiani da quelle subite dai musulmani. Ha ricordato anche «i giovani, i membri delle forze armate e della polizia» e tutti gli altri egiziani «caduti a causa di diverse azioni terroristiche».
Luci e ombre nell’Egitto di al Sisi
Davanti ai sentieri insidiosi che si trova davanti, papa Francesco ha usato parole che suonano come un appoggio al tentativo condotto dall'attuale leadership egiziana. Papa Bergoglio ha incoraggiato «l’audacia degli sforzi per la realizzazione di numerosi progetti nazionali, come anche le tante iniziative che sono state prese in favore della pace nel Paese e al di fuori di esso, in ordine all’auspicato sviluppo, nella prosperità e nella pace, che il popolo desidera e merita». Insieme alle parole di sostegno esplicito, il Successore di Pietro ha anche ricordato che non c'è autentico sviluppo e vera prosperità senza il «rispetto incondizionato dei diritti inalienabili dell’uomo, quali l’uguaglianza tra tutti i cittadini, la libertà religiosa e di espressione, senza distinzione alcuna». Espressioni riferibili anche alle violazioni e ai soprusi attribuiti agli apparati militari e polizieschi egiziani, che papa Francesco ha introdotto senza toni accusatori, con un implicito riferimento alla stessa Costituzione egiziana, richiamato in una nota del discorso.
Rinnovare il “discorso religioso”
Papa Francesco ha espresso il punto di maggior sintonia con l’agenda di al-Sisi quando ha manifestato pieno appoggio agli appelli ripetuti del presidente egiziano per un “rinnovamento del discorso religioso”. Non si esce dallo scenario mondiale «delicato e complesso», quello della “guerra mondiale a pezzi” - ha richiamato papa Francesco – se non ci si libera dalla «ideologia del male» e da «ogni interpretazione estremista che pretende di annullare l’altro e di annientare le diversità manipolando e oltraggiando il Sacro Nome di Dio. Lei, Signor Presidente – ha riconosciuto papa Francesco, rivolgendosi direttamente ad al-Sisi - ne ha parlato più volte e in varie circostanze con chiarezza, che merita ascolto e apprezzamento». Un'urgenza del tempo presente - ha insistito il Papa – è quella di «insegnare alle nuove generazioni che Dio, il Creatore del cielo e della terra, non ha bisogno di essere protetto dagli uomini, anzi è Lui che protegge gli uomini; Egli non vuole mai la morte dei suoi figli ma la loro vita e la loro felicità; Egli non può né chiedere né giustificare la violenza, anzi la detesta e la rigetta».
Per questo «abbiamo il dovere di smascherare i venditori di illusioni circa l’aldilà, che predicano l’odio per rubare ai semplici la loro vita presente e il loro diritto di vivere con dignità, trasformandoli in legna da ardere e privandoli della capacità di scegliere con libertà e di credere con responsabilità. Abbiamo il dovere di smontare le idee omicide e le ideologie estremiste, affermando l’incompatibilità tra la vera fede e la violenza, tra Dio e gli atti di morte».
La «necessaria» leadership egiziana
Su questo crinale storico, inquietante e decisivo, papa Francesco ha chiamato l'Egitto a «salvare questa cara regione dalla carestia dell’amore e della fraternità» , come faceva nei tempi biblici, quando col suo grano salvava gli altri popoli dalla fame. L’Egitto, «che nello stesso tempo costruisce la pace e combatte il terrorismo, è chiamato a dare prova che “AL DIN LILLAH WA AL WATàN LILGIAMIA’ / La fede è per Dio, la Patria è per tutti”» ha scandito il Pontefice argentino, citando il motto della Rivoluzione del 1952. Perché «il peculiare ruolo dell’Egitto è necessario per poter affermare che questa regione, culla delle tre grandi religioni, può, anzi deve risvegliarsi dalla lunga notte di tribolazione per tornare a irradiare i supremi valori della giustizia e della fraternità». Perché «dalle nazioni grandi non si può attendere poco». E papa Francesco, col suo discorso pronunciato davanti al presidente al Sisi, ha voluto riconoscere l'Egitto come un grande Paese, invitandolo a allargare lo sguardo alle sofferenze degli altri popoli vicini, e invocando la pace «per tutta questa regione, in particolare per Palestina e Israele, per la Siria, per la Libia, per lo Yemen, per l’Iraq, per il Sud Sudan».