«A me fa dolore quando vedo tanti bambini che neppure sanno farsi il segno della croce. Dico: “Fai il segno della croce” e fanno così», un gesto confuso. Papa Francesco confida la sua amarezza nell’Aula Paolo VI che fin della prima mattina di oggi ha accolto oltre 6mila persone festanti. Appartengono a 52 delegazioni dei cinque continenti della Rete mondiale di preghiera del Papa giunti a Roma per celebrare il 175° anniversario della nascita e il 10° della rifondazione approvata nel 2014 proprio da Francesco.
«Il cuore della missione della Chiesa è la preghiera – dice loro il Pontefice –. Possiamo fare tante cose, ma senza preghiera la cosa non va». E torna a condannare i pettegolezzi. «Ci sono due vie per parlare dei fratelli o benedire i fratelli, cioè parlare bene dei fratelli o chiacchierare, sparlare di loro. Chiacchierare – in questo senso – è una cosa brutta, non è di Gesù. Gesù mai chiacchierava. Invece parlare, sì. E la preghiera è parlare a Gesù dei fratelli, dire: “Signore, per questo problema, per questa difficoltà, per questa situazione…”. E questo è un cammino di unione, di comunità. Invece sparlare degli altri è un cammino di distruzione».
L’incontro è un dialogo per lo più a braccio fra il Papa e il popolo dell’Apostolato della preghiera. Francesco prende spunto da alcune testimonianze di chi è impegnato nella rete «invisibile» che unisce 35 milioni di cattolici in ogni angolo della terra – compreso il Meg, il Movimento Eucaristico Giovanile – per ricordare che «la preghiera suscita sempre sentimenti di fraternità, abbatte le barriere, supera i confini, crea ponti invisibili ma reali ed efficaci, apre orizzonti di speranza», dice riferendosi alle parole di padre Matthew che opera a Taiwan e riferisce della versione cinese di “Click to pray”, l’App per pregare assieme al Papa. E, richiamando il racconto di Marie Dominique sulla missione dell’Apostolato della preghiera in Francia dove la realtà è nata 175 anni fa, Bergoglio sottolinea che «siamo chiamati a calarci nella storia concreta delle persone che ci stanno accanto soprattutto pregando per loro, assumendo nella preghiera le loro gioie e le loro sofferenze. Risponderemo così all’appello di Gesù che ci chiede di aprire il nostro cuore ai fratelli, specialmente a quanti sono provati nel corpo e nello spirito».
Nel colloquio Francesco ribadisce che il cuore di Cristo – la cui solennità ricorre proprio oggi – «è talmente grande che desidera accoglierci tutti nella rivoluzione della tenerezza» e la «vicinanza al cuore del Signore sollecita il nostro cuore ad avvicinarsi con amore al fratello» aiutando a entrare in «compassione per il mondo». Da qui l’invito a essere «testimoni e messaggeri della misericordia di Dio per offrire al mondo una prospettiva di luce dove sono le tenebre, di speranza dove regna la disperazione, di salvezza dove abbonda il peccato», afferma il Papa evocando la nuova iniziativa del “Cammino del Cuore”, un itinerario di preghiera legato al Cuore di Gesù che, come osserva Bettina Raed, direttrice in Argentina e Uruguay, si tiene nelle comunità, nei collegi, nelle parrocchie.
Francesco esorta a guardare ai giovani riprendendo la testimonianza di suor Selam Berhanu, coordinatrice del Meg in Etiopia. «È importante aiutare le nuove generazioni a crescere nell’amicizia con Gesù» perché «la preghiera personale o comunitaria ci stimola a spenderci nell’evangelizzazione e ci spinge a cercare il bene degli altri». Per questo, aggiunge, «dobbiamo offrire ai giovani occasioni di interiorità, momenti di spiritualità, scuole della Parola, affinché possano essere entusiasti missionari nei diversi ambienti». Punto di partenza è «insegnare a pregare ai bambini», sprona il Pontefice.
Altrettanto importante è l’incontro fra le generazioni, come sollecita Diego Martinez, coordinatore dell’associazione in Guatemala. «È bello pensare come i nonni possano essere di esempio ai giovani, indicando loro a percorrere la strada della preghiera. La saggezza degli anziani, la loro esperienza e capacità di “ragionare” con il cuore». E dagli anziani può giungere «un prezioso insegnamento per imparare una feconda metodologia nella preghiera di intercessione». Francesco la definisce «una grande preghiera». E spiega che affemare “Signore, ti chiedo per questo, ti chiedo per quell’altro…” rimanda all’«intercedere che fa Gesù in cielo, perché la Bibbia ci dice che Gesù è davanti al Padre e intercede per noi. E noi dobbiamo imitare Gesù». A conclusione il richiamo del Papa alle intenzioni di preghiera di luglio: per «la sobrietà e l’umiltà» dei sacerdoti e per l’«integrità» di «tutti quelli che amministrano la giustizia».
Click to pray, e la preghiera si fa digitale
Serve che la Chiesa entri «negli areopaghi moderni per annunciare la misericordia e la bontà di Dio». L’invito giunge da papa Francesco durante l’udienza di oggi alle delegazioni della Rete mondiale di preghiera del Papa. Però nel suo intervento Bergoglio avverte: «Occorre prestare attenzione a servirsi di questi mezzi, specialmente della rete di Internet, senza diventare servi dei mezzi. Bisogna evitare di diventare ostaggi di una rete che prende noi, invece di “pescare pesci”, cioè attirare anime per portarle al Signore». A dare lo spunto a Francesco sono le parole di padre Antonio Valerio, gesuita del Portogallo, direttore nazionale della Rete, che racconta la presenza della realtà di preghiera nel pianeta digitale. Infatti la Rete mondiale di preghiera non è solo attiva online con numerosi siti ma diffonde ogni mese sul web un videomessaggio del Papa con l’intenzione di preghiera mensile (iniziativa nata con il Giubileo della misericordia) e offre l’App per cellulare e tablet “Click to pray” che aiuta nella preghiera e unisce le intenzioni del Papa con quelle dei fedeli.
La Rete mondiale di preghiera è più conosciuta come Apostolato della preghiera, sua denominazione delle origini. L’esperienza nasce in Francia il 3 dicembre 1844 grazie al gesuita Francesco Saverio Gautrelet. È la proposta di una spiritualità apostolica per un gruppo di seminaristi della Compagnia di Gesù che subito si diffonde a macchia d’olio nei vari strati della Chiesa. Contribuisce allo sviluppo un altro gesuita, padre Enrico Ramière, tanto che alla fine dell’Ottocento esistono già 35mila centri locali con più di 13 milioni di iscritti in tutto il mondo. In Italia l’Apostolato della preghiera viene introdotto dai Barnabiti e si diffonde in particolare a Napoli a opera della beata Caterina Volpicelli. Nel 2018 papa Francesco costituisce la Rete mondiale di preghiera come opera pontificia con sede legale in Vaticano. Oggi il direttore internazionale è padre Frédéric Fornos che di fronte a Francesco definisce le intenzioni di preghiera «una bussola per aprire i nostri cuori agli altri».