Papa Francesco nel 2014 in visita al carcere di Castrovillari, in Calabria (Foto Ansa)
Serve una conversione culturale, perché i detenuti non smettano mai di essere prima di tutto persone con la loro dignità e affinché la pena non sia la fine della loro vita; affinché ciascuno possa aspirare a un avvenire migliore. Lo scrive papa Francesco in una lettera rivolta ai detenuti della Casa di reclusione Due Palazzi di Padova, in occasione di un convegno sull'ergastolo, organizzato nei giorni scorsi da “Ristretti orizzonti”, il giornale realizzato dai reclusi di Padova.
«Tenete accesa la luce della speranza», nonostante le tante fatiche, i pesi e le delusioni. Prega per tutti loro papa Francesco e chiede a chi ha “la responsabilità e la possibilità” di aiutare i detenuti a far sì che la speranza non si spenga, affinché l’essere persone “prevalga” sull'essere detenuti. «Siete persone detenute – scrive il Papa – sempre il sostantivo deve prevalere sull'aggettivo, sempre la dignità umana deve precedere e illuminare le misure detentive».
Il messaggio di Francesco è un incoraggiamento alla riflessione, perché si realizzino «sentieri di umanità» che possano attraversare «le porte blindate» e affinché i cuori non siano mai «blindati alla speranza di un avvenire migliore per ciascuno». È urgente una conversione culturale, si legge ancora, «dove non ci si rassegni a pensare che la pena possa scrivere la parola fine sulla vita; dove si respinga la via cieca di una ingiustizia punitiva e non ci si accontenti di una giustizia solo retributiva; dove ci si apra a una giustizia riconciliativa e a prospettive concrete di reinserimento; dove l'ergastolo non sia una soluzione ai problemi, ma un problema da risolvere».
Se la dignità «viene definitivamente incarcerata», è l’avvertimento di papa Francesco «non c'è più spazio, nella società, per ricominciare e per credere nella forza rinnovatrice del perdono». Ma è in Dio, è la conclusione, che c’è «sempre un posto per ricominciare, per essere consolati e riabilitati dalla misericordia che perdona».