Un altro manifesti di papa Francesco fuori la chiesa cattolica caldea di San Giuseppe, distretto di Karada a Baghdad - Ansa / Epa
Una palma, il Tigri e l’Eufrate e una colomba a fianco del motto “Siete tutti fratelli” tratto dal Vangelo di Matteo è il logo della prima volta di un Papa nella Terra dei due fiumi che è stata culla della civiltà, che è la Terra Santa del patriarca Abramo, dei profeti Ezechiele e Giona, là dove fu scritta parte della Bibbia e dove il popolo della Promessa soffrì l’esilio babilonese.
Quello di papa Francesco in Iraq dal prossimo 5 all’8 marzo è il primo viaggio apostolico in un Paese a maggioranza sciita, che ha vissuto quattro conflitti negli ultimi quattro decenni, ma anche il primo dell’era pandemica, e può così a ragione considerarsi un viaggio non solo storico.
Proprio in Iraq, a Ur dei Caldei, Dio scelse un “arameo errante”, Abramo, per un progetto apparentemente incomprensibile. Fu l’inizio della storia della salvezza.
Dai cristiani, dagli ebrei e dai musulmani Abramo viene onorato con il titolo di “amico di Dio”, un appellativo che si ritrova, caso unico, nell’Antico e nel Nuovo Testamento e nel Corano. È dunque ad Abramo, padre della fede in un solo Dio, che seppe «sperare contro ogni speranza» che bisogna guardare per capire le coordinate profonde di questo viaggio nell’antica Mesopotamia.
«Il viaggio che il Papa si accinge a fare si ascrive in questa storia di pellegrinaggio e apertura al futuro nel segno di Abramo. È un gesto d’amore estremo. Un gesto d’amore verso questa terra lacerata, verso la sua gente duramente provata ora anche dalla pandemia, verso le comunità cristiane che risalgono all’età apostolica» ha spiegato il direttore della Sala stampa della Santa Sede Matteo Bruni nella conferenza di presentazione del prossimo passaggio del Papa in Iraq. Nella quale ha poi rilevato come questa trentatreesima visita apostolica di papa Francesco origini da lontano, dal sogno che era stato di già di Giovanni Paolo II di portarsi nella Piana di Ur e come fosse già nella mente di papa Francesco dal 30 ottobre del 2013, pochi mesi dopo la sua elezione al soglio di Pietro, quando rivelò l’urgenza di pregare per l’Iraq, «colpito quotidianamente da tragici episodi di violenza, perché trovi la strada della riconciliazione e della pace».
«Un pensiero insistente» che ha preso forma dopo l’enciclica “Fratelli tutti” e lo ha accompagnato negli anni nella speranza che l’Iraq «possa guardare avanti attraverso la pacifica e condivisa partecipazione alla costruzione del bene comune di tutte le componenti anche religiose della società, e non ricada in tensioni che vengono dai mai sopiti conflitti delle potenze regionali».
«Fraternità e speranza» sono dunque «le due parole che possono aiutarci a fare sintesi del prossimo viaggio in Iraq» ha sottolineato ancora il direttore della Sala Stampa vaticana. Per precisare poi che incontrare le comunità cristiane, in particolare quella sira e caldea - provate da violenze e abusi e da una emorragia di fedeli costretti ad abbandonare le terre abitate da secoli - farsi prossimo alla società irachena nel momento di nuova crisi in questo Paese cerniera del Medio Oriente e approfondire il rapporto tra fedi diverse sono i tre motivi principali di questo particolare viaggio.
Baghdad, la città sacra dell’islam sciita Najaf, a Ur dei caldei, poi Erbil nella regione autonoma del Kuridistan iracheno, Mosul, Qaraqosh nella piana di Ninive, abitate dai cristiani, queste le tappe simbolo del viaggio in Iraq nel quale il Papa pronuncerà quattro discorsi e terrà due omelie, un Angelus e una preghiera di suffragio per le vittime della guerra.
Il programma
Alle 7.30 del 5 marzo, con il volo da Roma, papa Francesco arriverà a Baghdad dove verrà accolto dal primo ministro e da una cerimonia di benvenuto nel palazzo presidenziale con una visita di cortesia, privata, al capo dello Stato al termine del quale il Papa terrà il suo primo discorso. Significativamente la giornata si concluderà con l’incontro con i vescovi, i sacerdoti, i religiosi e i catechisti nella Cattedrale Siro-Cattolica di Nostra Signora della Salvezza a Baghdad, che nell’ottobre del 2010 è stata teatro di un attentato che ha provocato 48 vittime per le quali è in corso il processo di canonizzazione.
Sabato 6 marzo sarà dedicato alla visita a Najaf al grande ayatollah Ali Al-Sistani. Concluso il quale papa Francesco partirà per Nassirya, sulle rive dell’Eufrate, per un incontro interreligioso. Nel pomeriggio il rientro a Baghdad e la celebrazione della messa nella cattedrale caldea di San Giuseppe, una delle 11 presenti nel Paese.
Il 7 marzo papa Francesco si dividerà fra Kurdistan irakeno e piana di Ninive. Al mattino partenza per Erbil, incontro con le autorità religiose e civili. In elicottero il trasferimento a Mosul, per anni roccaforte del Daesch, dove terrà una preghiera per le vittime della guerra. A seguire in elicottero l’altra tappa simbolo a Qaraqosh nella piana di Ninive, occupata dallo Stato islamico fino al 2016, con un discorso alla comunità locale dall’interno della chiesa dell’Immacolata Concezione. Nel pomeriggio rientro a Erbil, per la Messa celebrata nello stadio “Franso Hariri” e in serata rientro a Baghdad.
La mattina successiva il volo che lo riporterà a Roma. «Con l’eccezione di Erbil – ha fatto notare Bruni – il Papa, tenuta in conto la condizione sanitaria, non incontrerà folle: siamo nell’ordine delle centinaia di persone. Il viaggio si farà, come ha detto il Papa, anche solo per permettere agli iracheni di vederlo in televisione che è nel loro Paese. Questo conta».
Manifesti di papa Francesco fuori la chiesa cattolica caldea di San Giuseppe nel distretto di Karada, nella capitale - Ansa / Epa